Una vita di fede, di speranza e di carità
Omelia nel giorno di Pasqua
La Pasqua è il fondamento della vita cristiana e il suo cuore pulsante. Gli incontri con il Risorto – vivente in una condizione del tutto nuova dopo la sua morte – e l’esperienza della forza del suo Spirito abilitano i primi cristiani a fare dell’opera e della persona di Gesù il centro vivo della comunità e il solido baricentro della propria esistenza. Paolo esprime la centralità della fede nel Risorto con una formula abbagliante: “Per me il vivere è Cristo”. Lo stesso Paolo declina la vita nuova del cristiano come una vita di fede, di speranza, di carità (cf 1Cor 13,13).
1. Cristo accolto nella fede, è ben più che un maestro di morale, o un profeta di vita nuova. Gesù ha chiesto e insieme donato ai suoi discepoli quello che né Buddha né Maometto né Socrate hanno mai chiesto né potuto donare ai loro discepoli: la grazia di centrare la loro vita non solo sul suo insegnamento e sulla sua storia, ma direttamente sulla sua persona. Questa è la fede: è lasciarsi abbracciare dal Risorto. Le ceneri di un eroe, le spoglie di un divo o di un campione del passato possono anche essere custodite con venerazione. Il cadavere di una persona cara appena deceduta potrebbe perfino essere abbracciato. Ma un morto non abbraccerà mai più nessuno. Gesù non riposa nel mausoleo dei grandi della storia, e sulla sua tomba non ha fatto in tempo a crescere neanche un filo d’erba. Se così non fosse, noi saremmo condannati a cercare Gesù nella nostalgia del ricordo o nella galleria degli uomini illustri di un passato più o meno remoto. E invece Gesù è risorto, e dunque è vivo. Credere è incontrarlo e andargli dietro. Oggi, oggi stesso. La fede comporta un rapporto personale con Gesù, molto più intenso di un semplice discepolato intellettuale. Credere significa identificarsi con lui, immedesimarsi in lui. Significa vivere come lui, anzi vivere di lui, con lui, per lui. Significa lasciare che sia lui a vivere in noi.
San Paolo non trova parole sufficienti per esprimere questa centralità di Gesù: in Cristo siamo stati prescelti, abbracciati, chiamati per nome a essere figli di Dio. Siamo resi graditi al Padre, e in Cristo abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue. In lui è la nostra salvezza, in lui siamo amati, perdonati, vivificati. Nella lettera ai cristiani della Galazia, con concisione folgorante Paolo afferma: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
2. La fede in Cristo risorto genera la speranza. Noi possiamo aprirci al futuro promesso da Dio, perché in Cristo questo futuro ha già sfiorato e si è incuneato nel nostro presente. Se Gesù è stato risuscitato dal Padre, è segno che di questo Dio Padre possiamo fidarci, come dell’unico capace di saziare veramente e pienamente l’insaziabilità del nostro cuore. Se Cristo è veramente risorto allora possiamo sperare: il male non è invincibile. Né lo è l’egoismo, la malattia, la miseria, la morte. E neanche le sconfitte della pace, della libertà, della giustizia, della solidarietà sono escluse dalla possibilità di una esaltante rivincita di quella umanità che si voglia e sia effettivamente all’altezza di questo nome. Come vorrei dirlo a tante sorelle e fratelli che soffrono, che sono in depressione o sull’orlo del collasso! Come vorrei dire loro: Gesù risorto è più forte di ogni male che attraversa la nostra vita. Papà e mamme che avete figli che hanno preso strade sbagliate. Che avete in famiglia drammi oscuri di malattie, di separazioni laceranti e desolanti amarezze. Per mancanza di lavoro, di solidarietà, di serenità. Ascoltatemi: Non sentitevi soli! Il Risorto soffre, lotta e spera con voi.
E tu fratello, sorella, e voi amici, che vi battete perché dalla nostra società siano eliminate l’ingiustizia, l’emarginazione, la violenza, e dovete invece assistere impotenti all’osceno spettacolo che troppe cose, infinitamente più potenti di voi, viaggiano in direzione opposta… Lasciatemi dire: non fatevi rubare la speranza, non lasciatevi cadere le braccia. Voi siete dalla parte della risurrezione di Gesù. Il male non è invincibile. Sulle strade dell’umanità continua a camminare il Risorto, senza mai stancarsi, senza mai arrendersi. E le energie della risurrezione, dopo duemila anni, non sono svaporate, ma continuano a ricostruire un mondo nuovo. Solo se ci lasceremo abbracciare dal Crocifisso risorto, potremo contribuire al ‘risorgimento’ di una umanità più umana.
3. La fede e la speranza diventano vive e operanti attraverso la carità, l’amore divino che anima l’agire dell’uomo. Certo, “Cristo patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme” (cf 1Pt 2,21): un esempio di mite non-violenza, di generoso, irreversibile perdono a mandanti ed esecutori, di nobile grandezza d’animo verso Pietro e compagni, di amore spinto all’ennesima potenza. Ma se Cristo non fosse risorto, cosa ce ne faremmo noi del suo esempio se poi non avessimo la forza per imitarlo? Ma il gran ‘regalo di Pasqua’ comunicato dal Risorto ai suoi riuniti nel cenacolo è stato lo Spirito Santo – “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,22) – e Paolo afferma in modo chiaro e tondo: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Lo Spirito Santo ci aiuta a sradicarci dal nostro io malato ed egoista e a radicarci in Dio, o, se si vuole, dal vivere per “se stessi” al vivere “per il Signore”.
Dalle radici della fede, della speranza e della carità fiorisce la vita dei risorti: una vita bella, buona e beata, come quella di Gesù. Bella, perché piena di volti e di alti orizzonti. Bella perché nuova e libera, senza paure e senza ricatti. Bella, perché colorata dalla bellezza dei fiori del campo, rallegrata dai volteggi vertiginosi delle rondini del cielo. Una vita buona, come quella di Gesù, passato in mezzo a noi facendo del bene. Una vita beata, come quella di Gesù, felice di sentirsi amato dal Padre e abbandonato tra le sue braccia tenere e forti. Che questa vita bella, buona e beata, che ha ripreso a germogliare in noi con la celebrazione di questa Pasqua, non sfiorisca mai nella nostra vita.
Rimini, Basilica Cattedrale, 16 aprile 2017
+ Francesco Lambiasi