Omelia del Vescovo all’Assemblea Diocesana dell’ACI
Mi ha colpito assai quanto mi ha scritto il vostro Presidente, il nostro carissimo Manuel Mussoni: “Vorrei che l’assemblea fosse come una Pentecoste capace di risvegliare in noi la passione per la vita e la capacità di cogliere la presenza di Dio. In riferimento alla seconda lettura di domenica ci chiediamo quale spazio ha la fede nella nostra vita. Come la presenza dello Spirito opera e ci fa percepire la vicinanza di Dio. Perché Cristo è il centro della nostra esistenza? Proviamo a rispondere al netto di spiritualismi o riduzioni semplicistiche”. In effetti nella seconda lettura c’è un versetto in cui è scritto in modo netto e tondo: “Lo Spirito conosce bene ogni cosa, anche le profondità – i pensieri segreti – di Dio”.
1. E’ vero: solo Dio conosce Dio. Solo lo Spirito di Dio conosce le profondità di Dio. Se è vero che lo Spirito Santo è la vita di Dio, aveva ragione un Padre della Chiesa nel dire che, senza lo Spirito Santo, Dio non sarebbe più Dio, ma solo un gelido cadavere.
E cosa sarebbe Gesù? Senza lo Spirito Santo, sarebbe tutt’al più un eroe religioso, da collocare nel pantheon degli “immortali” della storia — ovviamente “immortali” per un patetico modo di dire — ma non sarebbe certo il Salvatore del mondo, dall’inconfondibile volto divino.
E che cosa sarebbe il mondo senza lo Spirito, senza la sua irruzione trasfigurante nella storia? La Sacra Scrittura lascia immaginare il rovescio di un mondo senza lo Spirito di Dio: sarebbe un mondo… alla rovescia, una Babele divisa e rissosa.
E l’uomo cosa sarebbe senza il soffio divino dello Spirito? Non è difficile immaginarlo: sarebbe tristemente, paurosamente un uomo poco umano, per non dire disumano, un bruto vorace e violento.
E la Chiesa senza la sua anima interiore – lo Spirito Santo – senza il silenzioso respiro della santità, cosa sarebbe? Sarebbe una comunissima istituzione umana, e neanche la più organizzata ed efficiente. Il profeta la rassomiglierebbe a uno sterminato ammasso di scheletri.
Ma più in positivo, cosa possiamo dire dello Spirito santo?
Se ci facciamo aiutare dalla sacra Bibbia, possiamo percorrere la via dei ‘come’. È una via che papa Francesco usa spesso. Per esempio quando dice che il vangelo è come il cellulare: dovunque ti trovi, puoi metterti in contatto con Dio. O quando dice che noi preti dobbiamo essere come i pastori: dobbiamo avere addosso l’odore delle pecore. O quando dice che noi cristiani non possiamo essere come gente che sta sempre a “balconare” e non scende mai per strada a rimboccarsi le maniche.
Ecco, la Bibbia ci rivela che lo Spirito santo è come il vento, come il fuoco, come l’acqua.
L’immagine del vento ci dice che lo Spirito santo è mistero: non sai di dove viene e dove va. È libertà: non si lascia inscatolare né condizionare. È energia: cambia l’aria stagnante, rinnova uomini e cose, scioglie il gelo di abitudini consolidate, sblocca situazioni irrigidite.
L’immagine del fuoco ci dice che lo Spirito santo è amore che arde e mai si consuma. E ci fa vivere “a braccia spalancate”, come Gesù: sempre pronti a donare, ad accogliere, a perdonare.
L’immagine dell’acqua ci dice che lo Spirito santo è l’acqua della vita: lava, disseta, nutre e fa vivere: senza cibo possiamo sopravvivere anche 10 settimane, ma senz’acqua la vita si perde nello spazio di pochi giorni…
2. Ma cosa sarebbe l’AC senza lo Spirito Santo? Morirebbe e meriterebbe semplicemente di venire archiviata.
Lo Spirito Santo è necessario all’ACI per la sua missione.
Che non può ridursi a stucchevole propaganda né ad assillante proselitismo. La missione è anzitutto gridare il Vangelo con la vita. Prendiamo il vangelo di oggi (Mt 5,17-37). Come si può amare chi non ti ama? Come si può perdonare chi ti ha offeso? Come si può rimanere fedeli al coniuge sempre e in ogni caso? Come si può voler bene anche al fratello che si comporta male?
Peraltro occorre ricordare che non è sufficiente astenersi dalla violenza omicida: c’è un modo di ferire e di uccidere anche attraverso insulti, maldicenze e calunnie. Non è sufficiente che l’adulterio non sia consumato: c’è un modo di prepararlo attraverso sguardi, raggiri e proposte seducenti. C’è un progetto di Dio sul matrimonio che conta più di qualche articolo del codice civile.
Di più. Come si possono considerare beati i poveri in spirito, beati quelli che soffrono, beati i miti e i non-violenti, i misericordiosi e i puri di cuore, gli operatori di pace e i perseguitati per la giustizia? Per riuscire a vivere così, per non ridursi a pensare così perché così pensan tutti, a fare così perché così fan tutti, ci vuole il Dono dei doni, il Datore di ogni dono, lo Spirito Santo, il quale compie in noi questi ‘miracoli’. Perché di puri miracoli si tratta, assai superiori ad una guarigione improvvisa. O alla risurrezione di un morto. E’ necessario lasciare uno spazio reale e crescente all’azione dello Spirito Santo, regista e protagonista della missione. Il quale “infonde nei fedeli (laici) il medesimo Spirito di missione che animava Gesù” (AG 4). Pertanto lo Spirito Santo deve essere invocato, atteso, accolto perché sia Lui a condurre le nostre imprese. Perché sia Lui a lavorare in noi e per noi. Perché sia Lui a consolarci quando sperimentiamo il freddo dell’indifferenza, il gelo del rifiuto, o perfino il terrore della persecuzione.
Se la missione è opera dello Spirito, allora la missione è opera della preghiera.
Sorelle e Fratelli di AC, i grandi nodi della missione, le grandi opzioni, le grandi difficoltà vengono affrontate e risolte dallo Spirito, e quindi dalla preghiera. Sei in difficoltà? Prega, e ancora prega. Dopo studia, pensa, ricerca, impegnati con tutte le tue forze. Prega, perché la potenza di Dio è viva, il suo Spirito non è in cassa integrazione né è andato in pensione. Prega: è Gesù che ci salva e vuole dimostrarlo, in un mondo che è mosso dalla convinzione di poter fare a meno di Dio. E vuole che almeno chi è in missione se ne renda conto e non si lasci travolgere da questa sciocca illusione che sta afferrando un po’ tutti. Prega e medita: per essere discepolo prima che maestro, ascoltatore prima che annunciatore, servo e non padrone della missione.
Se la missione è evangelizzazione, ossia diffusione della “bella notizia”, allora la gioia sarà parte integrante e nota inconfondibile della missione. Niente e nessuno può né deve turbare il missionario. Neanche il male che sta fuori della Chiesa. Neanche il male dentro la chiesa. Ascoltiamo don Milani: “Se la scoperta del male deve prendere tanto posto nella nostra vita da non saper più guardare con un sorriso divertito e affettuoso tutte le cose buone che esistono nel mondo e nella Chiesa, allora meritava non scoprirlo”.
Forza e fiducia, Sorelle e Fratelli di AC. Siate lieti annunciatori della lieta notizia, gioiosi messaggeri della gioia della salvezza!
Riccione, Fontanelle – 16 febbraio 2020
+ Francesco Lambiasi