Una luce per le nostre famiglie

Saluto del Vescovo al convegno promosso dal Rinnovamento nello Spirito sul Sinodo Straordinario sulla Famiglia

Rimini, Teatro Novelli, 6 dicembre 2015

            Nel romanzo Cose che nessuno sa, di Alessandro D’Avenia, c’è un dialogo tra Andrea (5 anni) e Margherita (14 anni), fratello e sorella. Il bambino dice che nel buio appaiono i mostri che non si vedono quando c’è la luce. “Ci sono molti mostri qui a casa?”, chiede Margherita. “Adesso sì, perché prima la luce di papà e mamma li teneva tutti lontani”. “Ed ora?”. “La luce è fulminata”, risponde il piccolo. Il papà aveva abbandonato la casa. Questo dialogo coglie il dramma che si annida in molte case, anche in quelle in cui i genitori non si sono separati. È l’amore coniugale, illuminato e sostenuto dalla fede, la luce che allontana la paura. Se viene a mancare, la vita appare come una strada accidentata e ripida. Riformulando il celebre apologo di Martin Luther King, potremmo dire così. Una notte la paura bussò alla porta di una famiglia cristiana. La fede accese la luce e andò ad aprire. Non c’era nessuno.

Come ricordiamo, il Sinodo è stato preceduto da una veglia di preghiera che ha raccolto, in piazza San Pietro, attorno a Papa Francesco, migliaia di famiglie provenienti da ogni parte del nostro Paese. A tutte le altre famiglie la Chiesa italiana ha chiesto invece di accendere una luce quella sera. Un piccolo segno di quella speranza che mai deve abbandonare i credenti, anche nelle situazioni che appaiono più difficili. Le famiglie sono consapevoli dei problemi, anzi tante volte sembrano arrancare, ma non vogliono rinunciare a tenere accesa, costi quel che costi, la luce dell’amore perché sanno che senza questa testimonianza la società diventa ancora più vuota.

Mi permetto di ritornare sulla immagine della luce che illumina il percorso spesso arduo e perfino eroico delle famiglie. Nei giorni del Sinodo è uscito a Rimini un racconto, che a definirlo romanzo, si rischierebbe di tradirne l’identità. E’ intitolato: Carbone e diamante – Una fede nuziale per due. Si tratta di una storia vera di una famiglia normale, una famiglia bellunese che emigra dall’Italia per lavorare nelle miniere del Belgio. Scrive l’autrice: “Come dono nuziale, Dio accese la sua luce sullo stipite della loro dimora e quel sicuro bagliore rischiarò notti e giorni imprevisti, da gustare e patire in uno sperduto rione minerario della Wallonia belga, intessendo nell’umile trama del tempo mille fuscelli di Vangelo, che hanno reso desiderabile la vita e soave la fede”.

Se la Chiesa è un ospedale da campo, non vi può mancare un reparto per le famiglie divise e ferite o sconfitte. Qui a Rimini abbiamo avuto il dono della profezia di un santo prete, Don Oreste Benzi, che tra le tante perle ci ha consegnato anche questa: “L’uomo non è il suo sbaglio”. Vale anche per la famiglia cristiana, che non è e non può essere la somma algebrica dei suoi sbagli e delle sue bellezze.

Grazie a voi del Rinnovamento che avete promosso questo Convegno per ricordarcelo.

+ Francesco Lambiasi