In memoria di Odo Nicoletti
Omelia tenuta dal Vescovo nella Messa esequiale
I Magi vivono ancora. E camminano, camminano, fino ai confini della terra, fino agli ultimi giorni della storia. Non sto pensando ai Magi del vangelo secondo Matteo, il primo dei quattro vangeli canonici. Sto pensando ai Magi del quinto vangelo, quello che continua ad essere scritto da ogni generazione cristiana, e che sarà ultimato solo alla fine del mondo. Non credo si vada sopra le righe se si afferma che Odo Nicoletti appartiene alla schiera di questi misteriosi, straordinari personaggi. Lo capiamo meglio, adesso che il suo pellegrinaggio terreno è terminato. Teniamo conto che è terminato proprio quando stava per scoccare la vigilia dell’Epifania, mentre la liturgia esequiale si svolge oggi, 7 gennaio, prima feria dopo la solenne celebrazione della “manifestazione” del bambino Gesù e della sua adorazione da parte dei santi Magi.
Avvolta dalla luce dell’Epifania, la vicenda di Odo si illumina e si rende chiaramente comprensibile e trasparente. Senza bisogno di forzature, basta risalire ai verbi che appartengono al lessico dei Magi e che si ritrovano pari pari, declinati dal nostro fratello Odo, nel corso del suo viaggio nella vita: cercare, adorare e offrire, quindi cambiare strada.
Cercare. Siamo tutti cercatori di felicità, mai appagati e sempre inquieti, a meno che… A meno che non scopriamo finalmente il “tesoro”. E il tesoro vero, che non subisce impennate di spread né registra inflazioni di sorta, ha un solo nome e un volto solo: Dio. Noi veniamo al mondo con una ferita nell’anima, che ci brucia dentro per tutta la vita. E’ la nostalgia lancinante di potere un giorno vedere il volto di Dio: “L’anima mia ha sete del Dio vivente: quando vedrò il suo volto?”. Anche Odo Nicoletti ha cercato il tesoro e lo ha trovato. Come i Magi, ha intravisto il volto di Dio riflesso nella sacra Scrittura e nella testimonianza di don Giacomo Alberione. Ha trovato il Signore, e se ne è letteralmente innamorato. “Basco verde” nell’Azione Cattolica di Carlo Carretto e grande amico del beato Alberto Marvelli, a 27 anni ha siglato da cristiano adulto la “scelta di Dio” e ha imboccato la via della santità. Succede sempre così: come all’alba il sole che sorge fa impallidire le stelle, quando l’amore di Gesù per noi e l’amore nostro per lui diventa il tesoro a lungo cercato e finalmente scoperto, allora si verifica una colossale svalutazione di tutti i tesori della vita terrena. E si sperimenta che Dio basta…
Adorare. Incontrato finalmente il piccolo re dei Giudei, dopo lunghe, spossanti ricerche, i Magi “si prostrarono e lo adorarono”. Adorare significa letteralmente “portare alla bocca”: portare (la mano) alla bocca per tacere in un silenzio commosso e stupito, oppure portare alle labbra un volto o una immagine per baciarli con commossa, affettuosa venerazione. Ecco il segreto del nostro fratello Odo: ha riconosciuto che non una formula salva la nostra vita, non un astratto valore sazia la nostra fame di amore e appaga la nostra sete di cielo, ma una Persona: Gesù crocifisso e risorto. Altrimenti noi, che ci crediamo “credenti”, diventiamo esistenzialmente idolatri. Cosa che avviene quando assolutizziamo valori anche nobili e grandi, ma relativi. Ecco la nostra tentazione più accattivante e ricorrente: non è l’incredulità, ma l’idolatria (Bonhoeffer). E così, assolutizzando il relativo, finiamo per relativizzare l’Assoluto. Odo invece, mettendosi al seguito del suo Signore, lo ha seguito giorno dopo giorno, per mesi, per anni e decenni, fino all’ultimo giorno del suo viaggio terreno. E’ stato un autentico pellegrino dell’Assoluto, un vero discepolo dell’unico Maestro, uno sposo ardente e fedele dell’unico e più forte Amore…
Offrire. La storia dei Magi ci consegna un altro verbo, che fa parte dello struggente canzoniere degli innamorati: offrire, con la corolla profumata dei suoi sinonimi buoni e felici: donare, regalare, elargire, condividere. Ma, anche qui, non possiamo fermarci in superficie. Dobbiamo scavare in profondità per scoprire il segreto della povertà di Odo: perché è stato un generoso benefattore nei confronti della Chiesa, del suo Istituto, dei poveri? Che cosa lo ha portato a donare con magnanima prodigalità denaro e beni, ad esempio, per la costruzione della chiesa dei Padulli, in periferia di Rimini? Insomma qual è stata la molla che ha determinato tanta umile, esuberante gratuità? E’ stata la gratitudine. E’ la gratitudine la madre della gratuità.
In una “storia del deserto” si racconta che un re decise di affrontare un lungo viaggio: caricò i cammelli di tutti i tesori che possedeva nei forzieri segreti della reggia, e con i suoi servi si mise in cammino, seguendo la pista delle carovane. Ma al terzo giorno della traversata, i cammelli, sfiniti per il carico e per il caldo, stramazzarono a terra. I sacchi si aprirono e i tesori cominciarono a rotolare sulla sabbia scivolando giù per una duna assai scoscesa. A quel punto il re disse ai servi di prendersi pure i suoi tesori e di tornare indietro: lui avrebbe proseguito il viaggio, a piedi, da solo. E così avvenne. Ma ben presto il re sentì avvicinarsi dei passi. Si voltò indietro e riconobbe uno dei servi che lo rincorreva a mani vuote. Meravigliato, il re gli chiese come mai non si fosse fermato a rovistare in mezzo alla sabbia, per prendersi qualche coppa, collana e anello d’oro, come avevano fatto i suoi compagni. Allora il servo rispose: “Ma io preferisco seguire il mio signore”.
Odo ha fatto proprio così: quando ha incontrato Gesù, ha scelto di seguirlo a mani vuote, preferendo il Signore dei doni ai doni del Signore. E non si è mai sentito un “arrivato”. Ha messo i suoi passi nelle orme del fortissimo, dolcissimo Signore della sua vita: si è consacrato nell’istituto secolare “san Gabriele Arcangelo” nella Famiglia paolina con i voti di povertà, castità e obbedienza, e ha cominciato le sue peregrinazioni per diffondere in tutta Italia la Bibbia delle Paoline in edizione economica. “Nella semplicità del mio cuore, lietamente, mio Dio, ti ho dato tutto”, recita un’antifona della Liturgia delle ore. Potrebbe essere benissimo controfirmata da Odo Nicoletti. Ma – se amiamo sinceramente il Signore – potrebbe portare anche la nostra firma…
Cambiare strada. I Magi per un’altra strada se ne sono tornati al loro paese. Hanno cambiato strada perché erano cambiati dentro: non erano più quelli di prima. Hanno trovato dove Dio e l’uomo riescono a incontrarsi: nella casa della misericordia. Ormai il “dove” di Dio è il cuore dell’uomo, e il “dove” dell’uomo è il cuore di Dio. Se incontro Gesù – un Gesù vivo e dal vivo, non un Cristo fossile o libresco – cambia tutto. Sì, con Cristo o senza Cristo cambia proprio tutto.
La vita di Odo è stata tutta un “santo viaggio”: ha dovuto anche lui attraversare più di una valle oscura, ma non ha temuto alcun male, perché il buon Pastore era con lui. Ha dovuto attraversare anche più di una valle del pianto, ma con l’aiuto della grazia ha cambiato il pianto in fontana di luce. E questo perché ogni giorno del suo lungo, intenso peregrinare, ha incontrato Gesù – nella Parola, nell’Eucaristia, nei poveri – e con lui nel cuore ha fatto ritorno alla casa del Padre.
E’ stato così per il suo Re e Signore: “venuto da Dio, a Dio è tornato”. Così è stato anche per Odo. Mentre, colmi di grato stupore, ne rendiamo grazie a Dio, preghiamo perché anche per noi così sia. Amen! Alleluia!
Rimini, Parrocchia di s. Maria Maddalena (Celle), 7 gennaio 2016
+ Francesco Lambiasi