Questa notte ho sognato che il buon Dio stava facendo più o meno questo discorso davanti all’assemblea degli angeli e dei santi: “Avevo detto agli uomini: amatevi gli uni gli altri, e invece si detestano, perché non sopportano le loro differenze. Arrivano addirittura ad ammazzarsi tra loro perché non hanno lo stesso colore della pelle. Ho deciso di dare loro una buona lezione. Ordino che a partire dal 7 gennaio 2008 tutti gli esseri umani abbiano la stessa pelle colore verde-mela. Ma prima si dovrà fare un esperimento in una città italiana, e ho deciso che tale esperimento si dovrà fare per tre giorni a Rimini. Perciò ordino che dal 4 gennaio 2008 tutti coloro che abitano a Rimini, anche se vengono da lontano – dall’America Latina o dall’Africa, dall’Asia o dalla Europa dell’Est – diventeranno tutti perfettamente uguali, come se fossero tutti gemelli. Così ogni neonato rassomiglierà a tutti gli altri neonati; una ragazza di venti anni sarà perfettamente simile a tutte le ragazze di 20 anni, e così via”.
“Alleluia! Alleluia!”, cantarono gli angeli e gli arcangeli, i cherubini e i serafini, felici che Dio avesse finalmente preso una decisione per risanare il nostro mondo che, a loro parere, stava andando di male in peggio.
“Alleluia! Alleluia!”, ripeterono in coro S. Gaudenzo, santa Innocenza e santa Colomba, nonché il beato Marvelli, la beata Pellesi, la venerabile Carla Ronci fino a don Oreste Benzi, per il santo orgoglio che fosse stata scelta la loro e nostra città come città campione per il test del progetto divino, intitolato per l’appunto “Operazione-Rimini green hope”.
A quel punto il sogno mi ha riportato qui in terra, e precisamente proprio nella nostra città. Ho sognato che all’alba del 4 gennaio il Vescovo si era svegliato di soprassalto. Aveva sentito che la notte qualcosa era successo. E’ andato subito a guardarsi allo specchio ed è rimasto letteralmente a bocca aperta: l’immagine riflessa non era la sua, ma quella di un uomo color-verde mela, che non aveva più la sua corporatura, né i suoi capelli, né il suo naso, né la sua bocca. Ha cominciato a lavarsi, a insaponarsi ben bene con l’acqua calda, ma più si frizionava, più la pelle era verde mela.
Il mio sogno piano piano è diventato un incubo. Il Vescovo si è ricordato che quella mattina doveva incontrarsi con il patriarca rumeno, ma quale non fu la sua sorpresa, quando, arrivato alla chiesa dei rumeni, si è ritrovato davanti un patriarca che sembrava proprio la sua copia: vestito come lui, con paramenti tutti color verde e, anche lui, con la pelle del viso color verde mela. In un batter d’occhio i riminesi che scendevano per strada come ogni mattina, stentavano a riconoscersi: prima a due a due, poi quattro a quattro, poi centinaia a centinaia, si sono ritrovati tutti in piazza Cavour perfettamente identici, e la cosa ha fatto scoppiare una grande, lunga, irrefrenabile risata che è durata fino alla sera. E così fu sera e fu mattina: fine del primo giorno. L’esperimento aveva messo in cuore tanta allegria a tutti, e dunque sembrava riuscito.
I guai cominciarono il giorno dopo, ma già nella tarda serata del 4 gennaio ci fu un anticipo del caos che stava per arrivare. Allo stadio era in cartello la partita di calcio tra la squadra del Rimini e il Cesena. Si doveva cominciare alle 20, ma l’arbitro – rigorosamente in giacca e pantaloncini verdi – non era riuscito a dare puntualmente l’inizio del match perché i calciatori del Rimini si erano ritrovati in maglia e calzoncini verdi, ma lo stesso era successo per la squadra avversaria del Cesena. E quando, nonostante i tentativi di riportare i colori delle squadre alla normalità, l’arbitro aveva provato a dare comunque il fischio d’inizio, l’incontro fu subito tutto un parapiglia e anche tra gli spalti c’è stata una grande confusione tra gli spettatori che non riuscivano più a fare tifo perché le tifoserie si erano mescolati e non si sapeva più chi era l’avversario e chi no.
Arrivò l’alba del secondo giorno, il 5 gennaio, e venne giù il caos generale. All’ospedale le mamme che avevano partorito la notte, litigavano per chi era il loro vero figlio, dal momento che tutti i bambini erano indistintamente di colore verde. Al Consiglio Comunale migliaia di persone arrivavano di corsa per sedersi sulla poltrona del Sindaco, gridando: “Il Sindaco sono io! Il Sindaco sono io!”.
Tutti i sistemi inventati per distinguere i cittadini – tra persone oneste e delinquenti, tra lavoratori e pensionati, tra dirigenti e dipendenti, tra proprietari e affittuari – erano saltati. Così tutti si guardavano storto; tutti sospettavano di tutti. La città stava tornando allo stato selvaggio, peggiore del precedente. Allora il Sindaco si è rivolto al Vescovo che era in cattedrale, alle prese con le prove generali della celebrazione del giorno dopo (la Messa dei Popoli, dell’Epifania), ma anche lì le cose non andavano meglio, anzi la confusione regnava sovrana. Non si distinguevano più i peruviani dai cinesi, le filippine dalle rumene, i bambini giapponesi quelli albanesi, le ragazze senegalesi da quelle ucraine.
Disperato per la situazione, il Vescovo ebbe un’idea: quella di recitare tutti insieme in ginocchio un rosario con quindici misteri, ogni mistero in una lingua diversa e con un canto mariano diverso, da comunità a comunità, per chiedere alla gran Madre di Dio di voler intercedere presso la Santissima Trinità la grazia di ritornare ad essere tutti ad immagine di Dio uno e trino, insomma tutti uguali per la comune umanità e per lo stesso battesimo, ma diversi per lingua, cultura, colore, costume…
Il rosario era appena cominciato e la santa Madre di Dio era appena andata a chiedere la grazia alle tre divine Persone – da ricordare: tutte e tre perfettamente uguali, ma tutte e tre perfettamente distinte – che il buon Dio ha subito dato l’ordine che tutto tornasse come prima.
Il 6 gennaio fu come una nuova nascita per tutti i cristiani riminesi. Felici come pasque, uomini e donne, italiani e indiani, russi e cinesi si raccontavano le semplici verità che avevano dimenticato. Per esempio, che ogni cristiano è figlio di Dio e dunque è mio fratello. O ancora, che ogni persona è differente e unica, e dunque senza prezzo. O ancora, che la comunità cristiana, nella sua incantevole varietà, è bella più delle nuvole del cielo o del canto degli uccelli. Tutti si sentivano diversi ma non avversari; tutti si sentivano uguali ma non uniformi.
Alla sera del 6 gennaio tutte le varie comunità cristiane presenti nella nostra città – il mio racconto sta per finire – dettero vita ad una celebrazione con la vivacità dei costumi multicolori, con la polifonia delle varie voci. Sembrava di stare nella Gerusalemme celeste. E il Vescovo che sognava una Chiesa bella, ricca e concorde come un grande coro, piangeva lacrime di gioia.
Certo, non finirono tutti i problemi, ma si cercò per ognuno una soluzione pacifica.
“Alleluia! Alleluia!”, cantarono angeli e arcangeli, cherubini e serafini.
Naturalmente questa è una storia inventata. Ma… questa nostra celebrazione non dice a chiare note che il sogno del Vescovo non è poi così lontano dalla realtà?
Omelia per la Messa dei Popoli – Cattedrale, 6 gennaio ‘08