Omelia del vescovo per la solennità di San Gaudenzo
L’immagine di Chiesa, quale traspare dall’affresco pennellato da Luca nella pagina degli Atti degli Apostoli proclamata poco fa come seconda lettura, appare una icona ideale, ma tutt’altro che idilliaca, equilibrata ma non equilibrista, audace ma mai temeraria e spericolata. La Chiesa degli Atti non è angelica. E’ evangelica, insieme santa e peccatrice. E portatrice di un tesoro in vasi di creta.
1. A metà del suo secondo volume il terzo evangelista ci racconta una discussione aspra, un dibattito rovente, nel contesto di una crisi dura, a rischio di dirompente rottura. In ballo si agita una contrapposizione ad alta tensione. Da una parte si impone il problema teologico della salvezza: se è vero che, se non c’è circoncisione non si appartiene al popolo di Dio, allora alcuni farisei entrati nella comunità cristiana (cf. At 15,5) arrivano perfino a concludere che se non si appartiene al popolo di Dio, non si dà nessuna possibilità di salvezza per gli incirconcisi. Ma il rischio annesso e connesso è ancora più grave. E’ il rischio di creare due categorie di cristiani: quelli provenienti dal giudaismo e quelli che vengono dal paganesimo. Le due posizioni sembrano identificarsi con le due chiese: Gerusalemme, la tradizione. Antiochia, l’innovazione. Posizioni che espongono alla possibilità, tutt’altro che remota e irreale, di creare due chiese diverse e divise.
Le divergenze hanno sempre agitato le acque dei bracci di mare dove naviga la nave della Chiesa. Ma i conflitti non rappresentano un rischio mortale per la vita della comunità ecclesiale, nella misura in cui tutti puntano sul tutto: la comunione di tutti in Cristo, comunione che va costruita e ricostruita continuamente, instancabilmente, tenacemente. Ed è quanto avviene nel cosiddetto ‘concilio’ di Gerusalemme. Alla fine si arriva alla conclusione: “Abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi”. Fin dall’inizio la comunità cristiana sa di essere al servizio dello Spirito Santo, di godere della luce e della forza della sua verità, quando il discernimento viene condotto con animo fraterno, quando le decisioni vengono adottate con un cuore solo e un’anima sola. Camminiamo insieme!
2. Insieme, per vincere l’individualismo. “Essere cristiani significa essenzialmente vivere il passaggio dall’essere per sé stessi all’essere gli uni per gli altri” (J. Ratzinger). La prima domanda che io mi debbo fare, non è “chi sono io”, ma: “per chi sono io?”. Ognuno è chiamato al continuo superamento di sé. Si realizza così il passaggio dall’essere centrati sull’io all’aggancio della propria esistenza alla croce pasquale di Gesù Cristo. Ed è così che nasce il noi ecclesiale. La forma del vangelo è la vita fraterna. Il soggetto della comunità cristiana non è il singolo individuo: è la comunità. Una comunità fatta non di perfetti, ma di peccatori, che però sanno e si sentono amati e perdonati dal Padre, l’Abbà di Gesù di Nazareth. Di qui discende che il primato nella vita della comunità non va alle attività e alle ‘buone azioni’, ma alle relazioni. Le persone vengono prima dei ruoli, e le relazioni prima delle strutture. La Chiesa è una rete di relazioni fraterne: “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23,8). Camminiamo insieme!
Insieme, per camminare. Per i cristiani, per dei credenti in Cristo, camminare sulla via di Cristo, nella e con la sua Chiesa. Via di Cristo significa via che Cristo continua a percorrere camminando davanti a noi per guidarci. Accanto a noi per sostenerci. Dietro a noi per difenderci. Seguire Gesù risorto nella e con la Chiesa significa camminare con questi pastori. Con questi fratelli e sorelle di questa precisa e concreta comunità. Con questi poveri. Sul passo degli ultimi. Significa mettersi in fila dietro al Risorto, e lasciarsi inondare dalla gioia di offrire un servizio alle ‘retrovie’. Significa avanzare, senza fughe solitarie, svicolando su altri sentieri. Significa rallentare il passo per farlo accelerare agli altri. Velocizzare la marcia per destare i sonnolenti. Incoraggiare chi si è fermato. Rialzare chi è caduto. Prendere per mano e, perfino, caricare sulle spalle chi non ce la fa proprio più. Essere – come diceva don Mazzolari a proposito della parrocchia – l’ambulanza per chi è ferito e non riesce più a camminare. Camminiamo insieme!
Insieme, per discernere. Abbiamo bisogno di avviare un processo di discernimento, a cominciare dalla sua prima, insostituibile fase: quella dell’ascolto. Della Parola di Dio, prima di tutto, per non ritrovarci meritevoli del suo insindacabile giudizio: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55,8). Ma per non incorrere in sbagli e abbagli del genere, dobbiamo liberarci dalla sklerocardìa (=durezza di cuore), cioè l’incapacità di cogliere gioiosamente la novità di Dio, propria di chi rimane chiuso nella sclerosi delle proprie abitudini protette, di chi dà la precedenza ai propri schemi blindati (religiosi, culturali, sociali ecc.) anziché ai fatti che effettivamente accadono e al primato della realtà… Camminiamo insieme!
Insieme, per convertirci. Abbiamo bisogno di attivare un autentico percorso di conversione. E’ estremamente difficile indicare con precisione le cose da cambiare e quelle da assumere, oggi e per l’immediato futuro. E’ più pertinente fare-memoria del nucleo irrinunciabile che la vita cristiana deve costantemente custodire e riaccendere, per riuscire a parlare all’uomo di oggi e di domani. Ci è chiesto di imboccare il sentiero di una vita evangelica, idonea nel contempo a trasformarsi via via nelle forme storiche più adatte. Ma rimanendo identica a se stessa, coerente con la sua grande Tradizione, fedele alla sua inalienabile missione… Camminimo insieme!
Insieme, per ricordare che lo Spirito Santo da solo non fa la Chiesa. E neppure noi da soli facciamo la Chiesa. Solo lo Spirito Santo e noi, facciamo la Chiesa. Quando ci troviamo di fronte a scelte rischiose e difficili, solo se ci lasciamo illuminare dalla luce dello Spirito e contagiare dalla sua forza coinvolgente, riusciamo a metterci non gli uni sopra-contro-senza gli altri, ma gli uni con-in-per gli altri. Nell’ascolto reciproco riusciamo a bypassare sia gli scogli dell’ottimismo ingenuo che del pessimismo sterile. Sia dello gnosticismo élitario e intellettualoide che del neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico. Sia del “si è sempre fatto così” che del “si dovrebbe fare cosà”. Camminiamo insieme!
Insieme, per contribuire alla crescita di una città, che sia più umana, più abitabile, più respirabile, insomma più vivibile. Più accogliente e ospitale. Noi cristiani non possiamo, non vogliamo essere, non siamo indifferenti al bene comune della nostra città. Camminiamo insieme!
Carissimi Fratelli tutti, ce la faremo? Ora non ci è chiesto di pianificare l’intero percorso sinodale. Ci è chiesto di identificare – “lo Spirito Santo e noi” (At 15,28) – la grande direzione da imboccare, e ci è dato di discernere – “noi e lo Spirito Santo” (At 5,32) – i primi passi da compiere
Rimini, Basilica Cattedrale – 14 ottobre 2021
+ Francesco Lambiasi