Evangelizzare è amare
Omelia nella Solennità di Tutti i Santi 2019
Si può essere onesti e tristi. Si può essere devoti e depressi. Si può essere sinceri e arrabbiati. Ma non si può essere discepoli innamorati di Gesù e poi andare in giro con una faccia da funerale. Al contrario si può essere poveri e felici. Si può essere miti e lieti. Si può essere misericordiosi, tenaci e grintosi. Ma non si può essere scrupolosi e accaniti osservanti della Legge, e poi ignorare via e domicilio della perfetta letizia. Proviamo a percorrere rapidamente una ad una le “otto vie” della felicità, aperte da Gesù per tutti i suoi seguaci. Anche per tutti e per ciascuno di noi. Ci aiuteranno a vedere che “evangelizzare è amare”, e santità fa rima baciata con felicità.
1. Beati i poveri. I poveri in spirito sono gli umili di cuore: sono interiormente liberi da se stessi e dalle cose. Si sentono amati da Dio, e questo a loro basta. Si accettano come sono, e sono lieti anche della loro debolezza, che consente alla forza del Signore di manifestarsi nella storia di tutti i giorni. Si fidano totalmente di Dio Padre e si affidano completamente al suo amore. Seguono Cristo, il quale per salvarci, “da ricco che era, si è fatto povero” (2Cor 8,9), e “pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo” (Fil 2,7).
Scrive il Papa: “Essere poveri nel cuore, questo è santità”.
Beati quelli che sono nel pianto. Sono coloro che si addolorano per il male che è nel mondo, soffrono per i problemi del regno di Dio, per gli scandali nella Chiesa, per i propri peccati. Si caricano della croce dei tribolati e la portano dietro a Gesù. Si fanno consolare da Dio, che li consola in ogni tribolazione e li rende capaci di consolare gli altri.
Scrive il Papa: “Saper piangere con gli altri, questo è santità”.
Beati i miti. Sono i mansueti e i non-violenti. Non sono vili, ma franchi e coraggiosi. Sanno affrontare con serena fortezza tensioni e conflitti. Sanno anche provocare e contestare per difendere i diritti dei poveri, ma non ricorrono alla violenza e affidano la loro difesa a Dio. Rassomigliano a Gesù, mite e umile di cuore, il quale, “insultato non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta” (1Pt 2,22).
Scrive il Papa: “Reagire con umile mitezza, questo è santità”.
Beati gli affamati di giustizia. Sono quelli che ricercano la giustizia evangelica con cui il Signore guida la storia. Imitano il suo amore gratuito e misericordioso per tutti, soprattutto per i poveri e gli ultimi.
Scrive il Papa: “Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità”.
Beati i misericordiosi. La misericordia è una caratteristica inconfondibile di Gesù, che incarna la misericordia del Padre (Mt 9,13). I misericordiosi sono coloro che sanno perdonare, come ha fatto Gesù, come fa sempre Dio (Mt 6,1-2).
Scrive il Papa: “Guardare e agire con misericordia, questo è santità”.
Beati i puri di cuore. Nelle loro relazioni con Dio, con gli altri e con se stessi, sono retti, limpidi e corretti. Dicono quello che pensano e fanno quello che dicono: il loro linguaggio è sì sì, no no. Sono onesti con Dio e schietti e franchi con gli altri. Non vedono il male dappertutto. Non hanno il cuore oscurato da paure e cupidigie.
Scrive il Papa: “Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità”.
Beati gli operatori di pace. Come Gesù è venuto a portare la pace. I suoi discepoli sono quelli che non si danno pace pur di favorire la pace. Non si danno pace finché ogni persona non venga rispettata e l’originalità di ogni gruppo sociale non sia tenacemente promossa.
Scrive il Papa: “Seminare pace attorno a noi, questo è santità”.
Beati i perseguitati per la giustizia. Si tratta di chi subisce insulti, discriminazioni e violenze a causa della fedeltà al vangelo e della propria identità cristiana. La persecuzione è segno che si è dalla parte di Gesù, ingiustamente perseguitato.
Scrive il Papa: “Accettare ogni giorno la via del vangelo, questo è santità”.
2. Evangelizzare è amare. Ma se vogliamo amare veramente, prepariamoci a diventare poveri. Non si può amare una persona senza svuotarsi del proprio ego, senza liberarsi da quella narcisistica autoreferenzialità che sbarra la strada a Dio e gli impedisce di penetrare nel nostro cuore. L’altro non è un mio geloso possesso. E il ‘possessivo’ è un brutto aggettivo. Ricordiamo. Solo se ci lasceremo provocare dal Dio dei poveri, smetteremo di adorare il nostro povero Io, e troveremo pace in noi e con gli altri.
Evangelizzare è amare. Ma se vogliamo amare veramente, prepariamoci a piangere. Non possiamo non addolorarci per il male del mondo e degli altri, più che del nostro. Perché amare l’altro è concedergli il potere di ferirmi, visto che l’ho fatto entrare nel mio cuore, che è lo spazio della mia vulnerabilità. Ricordiamo. Solo se impariamo a piangere con chi piange, Dio ci potrà consolare e non sciuperemo le nostre lacrime. Perché se le versiamo a terra diventano fango. Se le rivolgiamo al cielo, brilleranno come perle al sole.
Evangelizzare è amare. Ma se vogliamo amare veramente, prepariamoci a diventare miti: a rifiutare violenza, corruzione e prepotenza. Prepariamoci a lasciarci plasmare dallo Spirito secondo il modello di Gesù “mite e umile di cuore. Prepariamoci ad attendere con pazienza la venuta del regno di Dio, senza cedere ai miraggi della violenza, dell’intolleranza, della prepotenza. Ricordiamo. Solo se impariamo a sopportare i difetti altrui, ci risulterà semplice e agevole sopportare anche i nostri.
Evangelizzare è amare. Ma se vogliamo amare veramente, prepariamoci a provare fame e sete della giustizia. A cercarla sempre, per tutti e dovunque. Ad essere ostinatamente tenaci sulle frontiere del mondo per trasformarlo a misura del regno di Dio. Ricordiamo. Solo se ci impegniamo ad essere giusti con gli indifesi, i deboli e gli oppressi, otterremo giustizia da Dio anche per noi stessi.
Evangelizzare è amare. Ma se vogliamo amare veramente, prepariamoci a diventare misericordiosi. Impariamo a perdonare, a soccorrere e curare chi è in difficoltà. Impariamo a non lasciarci vincere dal male, ma a vincere il male con il bene (Rm 12,21). Ricordiamo. Solo se ci lasciamo ‘misericordiare’ dal Padre, possiamo sperare di diventare misericordiosi con i fratelli e con quanti ci affliggono.
Evangelizzare è amare. Ma se vogliamo amare veramente, impariamo ad essere puri di cuore. Come possiamo amare veramente gli altri, se li facciamo diventare preda dei nostri istinti, oggetto delle nostre voglie sfrenate? Se non ci liberiamo da tutto ciò che indurisce e incattivisce il cuore, che lo inquina di avidità, di orgoglio e di gelosia? Ricordiamo. Solo se chiediamo il dono e ci facciamo carico di amare con cuore semplice, puro, senza sporcizia, potremo vedere in Dio un Padre che ci ama, non un tiranno che ci tormenta.
Evangelizzare è amare. Ma se vogliamo amare veramente, impariamo ad essere veri operatori di pace. Impegniamoci a creare una convivenza armoniosa, nel pieno rispetto di ogni persona, specialmente di quanti patiscono ingiustizia, oppressione e cieca violenza. Ricordiamo. Solo se ci impegniamo ad abbattere muri di divisione e barriere di discriminazione, e a lanciare ponti di dialogo e di comunione, solo se cercheremo tenacemente la giustizia evangelica, otterremo la pace. Perché la giustizia è la radice. La non-violenza è l’albero. La pace è il frutto.
Se evangelizzare è annunciare l’amore di Dio amando i fratelli e le sorelle delle nostre comunità, e, insieme, aiutando e servendo i nostri fratelli più poveri e le nostre sorelle più bisognose, allora nella nostra vita non possiamo farci condizionare dall’avidità, dalla voglia di primeggiare, dalla smania di grandezza. Non possiamo evangelizzare se non prestiamo attenzione più al bene che al male. Se non scopriamo in ogni creatura umana un frammento della divina bellezza.
D’altra parte non possiamo evangelizzare senza amare. Ma non possiamo amare se non attraversiamo il male senza lasciare sporcare il nostro sguardo. Se non impegniamo ogni risorsa e ogni mezzo per lottare contro l’ingiustizia e per costruire con mezzi non violenti, una terra bella, fraterna e solidale.
Allora saremo chiamati figli di Dio. E ci potremo rallegrare e potremo fare salti di gioia. E tutti insieme faremo festa. E la nostra festa non avrà mai fine…
Rimini-Palacongressi– 43.a Conferenza Nazionale Animatori del RnS
+ Francesco Lambiasi