Risuscitò

Noi contemporanei di Gesù

Omelia tenuta dal Vescovo nella Messa del Giorno di Pasqua

Risuscitò. Il cristianesimo non è un vulcano spento. E’un grande incendio che ancora continua a infiammare il mondo. Oggi molti sono ancora affascinati da Gesù di Nazaret, l’uomo totalmente libero e fedele a Dio e a se stesso fino alla morte e a una morte di croce. Uomo per gli altri, profeta di un mondo nuovo, fondato sulla giustizia e la fraternità. Molti, però, oggi non ammettono la verità della sua risurrezione. Ma se Gesù non fosse risorto, allora non sarebbe più il Salvatore del mondo, ma soltanto un martire in più. Allora il messaggio cristiano sarebbe senza senso, la fede senza fondamento, la vita dell’uomo una disperata corsa verso il nulla. La morte continuerebbe a dominare irriducibile, la Chiesa non avrebbe più niente da dire. E noi oggi non saremmo qui, a lasciarci incontrare da lui.

1. Risuscitò. Ma come avviene che il credente possa entrare in contatto con un evento accaduto duemila anni fa? Come può ogni singola persona umana partecipare alla nuova situazione vitale, generata da quell’evento? Lo sappiamo: non possiamo ridurre la morte di Cristo ad un buon esempio – per quanto sublime – da seguire per vivere una vita nuova. La potenza salvifica di Gesù non si può ridurre alla pura e semplice offerta di un insegnamento morale, che proviene da un sublime modello da imitare: nulla dal di fuori può cambiare il cuore dell’uomo. E’ vero che nella prima Lettera di Pietro si legge testualmente: “Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme” (2,21). Ma dopo che è stato ricordato ai cristiani “della diaspora” – di origine giudaica, dispersi nel mondo greco-romano – che essi sono stati “rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce” (1,3-4). In effetti il mistero pasquale di Cristo non rimane imprigionato nel passato, dal momento che con la sua morte Cristo ha distrutto la morte e tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell’eternità divina, e perciò abbraccia tutti i tempi e in essi è reso presente. L’evento della croce e della risurrezione rimane e attira tutto verso la vita. La liturgia cristiana non soltanto ricorda gli eventi che hanno operato la nostra salvezza; essa li attualizza, li rende presenti. Il mistero pasquale di Cristo viene celebrato, non ripetuto né semplicemente rappresentato. Sono le celebrazioni che si ripetono, ma in ciascuna di esse si ri-presenta puntualmente lo Spirito Santo che rende attuale l’unico mistero. La caratteristica del sacramento è la sua capacità di moltiplicare la presenza del Risorto, senza per questo moltiplicare la sua persona. C’è una pluralità di presenze dell’unica persona del Signore e, insieme e soprattutto, il sorgere di una relazione nuova per mezzo dell’eucaristia tra noi terrestri e il Cristo glorioso. Una presenza nuova dell’unico sacrificio della croce e una connessione nuova tra la comunità radunata e l’evento liberatore e rinnovatore.

2. Risuscitò. Ma che ricaduta ha questa notizia sulla nostra povera esistenza? La vita dei credenti è dentro il fitto grigio-scuro della storia, come è per tutti e per ciascuno, ma cambia il modo di viverla e di guardarla. Sorella, Fratello, se incontri il dolore, allora lo Spirito di Gesù risorto ti ricorda che l’ultima parola del tuo cammino non è la buia voragine del nulla, ma la sponda della terra nuova che “solo amore e luce ha per confine”. Se ti ritrovi affranto per la morte di una persona cara, la pietra rovesciata del sepolcro vuoto ti suggerisce che la morte non è una liquidazione totale, ma la piena rivalutazione della nostra esistenza. Se devi affrontare una spinosa avversità, l’energia della Pasqua non ti lascia abbattere dallo sconforto, ma ti spinge ad affrontare la prova e a superarla. Se ti senti perseguitato a causa della giustizia, lo Spirito del Risorto ti rammenta che il discepolo non può essere trattato diversamente dal Maestro. E se il tuo sforzo di bene fallisce e il tuo impegno per una umanità all’altezza di questo nome ti sembra inutile, la luce del terzo giorno ti richiama la legge del chicco di grano: se muore, porta molto frutto. E quando si ha l’impressione che il male, la prepotenza e la meschinità soffochino la verità, l’amore e la giustizia, si sa che qualcosa di simile è già accaduto nei confronti di Gesù. La malvagità degli uomini lo ha inchiodato alla croce, pensando in tal modo di farlo fuori e toglierlo di mezzo, ma Dio lo ha risuscitato, e la storia di Gesù continua a salvare la nostra storia, e a farne un’avventura drammatica eppure magnifica.

Permettetemi ora di leggervi una lettera apparsa su Avvenire dell’altro ieri.

Caro Avvenire, ebbene sì, immaginiamoci che non sia vero niente, che non ci sia stata nessuna risurrezione. È stato, come dicevano del resto i farisei del tempo, tutto un inganno dei seguaci di quel Gesù. Cancelliamo tutto, i suoi insegnamenti, i suoi miracoli, sua mamma Maria, Giuseppe, duemila anni di storia di santi, di martiri, di papi – di persone che hanno dato la vita per una cosa falsa. Non parliamo neppure di angeli, un’autentica invenzione. Ebbene abbiamo cancellato tutto, veramente tutto… E allora, cosa ci rimane? Mangiare, bere, sesso, andare a spasso, lavorare (quelli che hanno un lavoro, o che non sono già in pensione).

Francamente queste cose a me non bastano: non riuscirei a vivere senza una speranza. Vivere senza sperare che le sofferenze della vita non abbiano uno scopo, senza sperare che, dopo, potrò rivedere tutte le persone che ho conosciuto e che mi hanno solamente preceduto nel “per sempre”. Come si può vivere, pensando che tutto avrà fine? Io, più invecchio più divento felice, perché si avvicina l’ora del ritorno a casa. Gesù poco prima di morire ha detto che sarebbe andato a prepararci un posto, perché almeno non provare a credergli! Perché continuare a vivere angosciati, in attesa della fine. Se qualcuno riesce a dirmi che vantaggio c’è a vivere senza speranza, me lo dica per favore.

E’ vero. Il nodo della speranza è in quella pietra rovesciata.

Infine aiutatemi a fare questa preghiera con parole prese a prestito da una laica, mistica cristiana dei tempi moderni.

“Signore, io penso che tu forse ne abbia abbastanza della gente che parla sempre di servirti con piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato (…). Facci vivere la nostra vita, non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato, non come una partita dove tutto è difficile, non come un teorema che ci fa rompere la testa, ma come una festa senza fine dove si rinnova sempre l’incontro con Te” (Madeleine Delbrel).

Rimini, Basilica Cattedrale, 1 aprile 2018

+ Francesco Lambiasi