Un saluto puramente formale non mi sembrerebbe né rispettoso dei partecipanti a questo convegno né adeguato al tema che vi si dibatte. A tema del convegno vi è la nostra Città e il Piano Strategico, ideato per disegnare l’immagine di sé che Rimini vuole scegliere per il suo prossimo futuro. Per un approccio al tema, che non vorrei né epidermico né convenzionale, mi lascio contagiare da alcune pagine della Bibbia, che disegnano rispettivamente il volto dell’anti-città, Babele, e quello luminoso di Gerusalemme, la città santa, la città-modello, quella che è veramente all’altezza del suo nome: città, da civitas, la comunità dei cives, i cittadini liberi e responsabili.
Babele è il nome ebraico di Babilonia, la città costruita sulla sfrenata ambizione del potere, che spinge i costruttori a concepire un sogno egemonico di dominio totalitario su tutta la terra. Il racconto è venato da una sottile ironia: uomini che vorrebbero costruire una torre la cui cima tocchi il cielo, in realtà non sono capaci di servirsi delle pietre e della malta! In effetti la storia della torre templare – “la cui cima tocchi il cielo”! – diventa emblema di quella arrogante intolleranza religioso-politica che vorrebbe imporre a tutti il proprio potere, ma che alla fine genera il frutto avvelenato della confusione e della totale dispersione. La storia si fa allora drammatica, come mette in evidenza in modo lampante un racconto rabbinico. “Quando moriva un uomo, nessuno piangeva; quando si rompeva un mattone, tutti facevano gran pianto e ululato”. Gerusalemme invece è l’anti-Babele. A Pentecoste popoli di diversa lingua riescono ad intendere – senza traduzione simultanea! – il messaggio di Pietro. Gerusalemme diventa allora figura e immagine della città celeste, la città perfetta, meraviglia sfavillante e metropoli da sogno, patria definitiva di una umanità pienamente riconciliata con il suo Dio.
I cristiani sanno bene di essere pellegrini diretti verso la patria celeste, ma questo non solo non li distoglie dall’impegno di coinvolgersi nella costruzione della città terrena, ma anzi “proprio la fede li obbliga ancora di più”: “Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna” (GS 43).
Ecco allora il sogno di una Rimini bella e vivibile. Lo formulo con una litania di NO a 7 piaghe che tutti concordemente – credo – dobbiamo e vogliamo stigmatizzare con parole credibili, coerenti, concordi.
Sogno una Città che dica NO alla piaga della prostituzione, non chiedendo agli amministratori di spostare il commercio di sesso da un’altra parte, obbligando le prostitute a chiudersi in una specie di parco segregato, fuori dagli occhi pudichi dei benpensanti. “Quanti dei nostri cittadini che fanno sesso a pagamento, sanno – o fanno finta di non sapere – di essere oggettivamente complici di un traffico di schiave, fatto spesso di minorenni, quasi sempre tenute in soggezione con ricatti in bilico fra la tortura e la minaccia di morte?” (Dacia Maraini, sul Corriere della sera, 15 febbraio 2015)
Sogno una Città che dica NO alla piaga della ludopatia: Rimini si colloca al 12° posto in Italia per spesa al gioco d’azzardo , con una media di 1.384 euro pro capite; nel nostro Comune si contano 927 slot-machine, 211 esercizi con apparecchi slot, 222 VLT in 18 sale collaudate.
Sogno una Città che dica NO alla piaga della mafia e della malavita organizzata. “Il lavoro dell’Osservatorio provinciale sulla criminalità organizzata- ha detto il presidente della Provincia di Rimini, A. Gnassi – ha un valore enorme per il nostro territorio, e non solo sul fronte della documentazione e dell’aggiornamento archivistico, comunque inedito e importante. In realtà questa attività mostra una direzione nuova da cui le stesse istituzioni pubbliche devono trarre spunto per progetti e iniziative che possono dare servizi e opportunità alle nostre comunità”.
Sogno una Città che dica NO alla piaga della disoccupazione: secondo i dati più aggiornati, il tasso di disoccupazione, 11,1%, risulta tra i più alti a livelli regionale, secondo solo a Ferrara. I picchi negativi più intensi si registrano nel 2009 e nel 2012, mentre, il 2014 e 2015, dopo un 2013 negativo, presentano segnali prima di tenuta (-0,1% nel 2014) e poi di ripresa (0,5%). A sospingere il sistema economico è il turismo, mentre “il settore manifatturiero si muove in uno scenario di incertezza anche per i primi nove mesi del 2014 rendendo difficile qualsiasi slancio previsionale”. Sempre male l’edilizia e anche le vendite al dettaglio, nonostante una decelerazione della fase negativa. A fronte di questa situazione allarmante, è confortante constatare che Rimini è una Città non vuole lasciarsi andare, non vuole cedere ala crisi. Occorre amplificare la cultura del bene comune, perché solo una società più consapevole, solidale e unita potrà far fronte alle difficoltà che stiamo attraversando.
Sogno una Città che dica NO alla piaga della discriminazione. Leggo da un giornale locale un servizio sull’ennesima operazione anti-degrado svolta dai nostri carabinieri: “Un appartamento trasformato in dormitorio-formicaio con ben 17 letti stipati in ogni angolo. Situazioni di illegalità, come quella dell’affitto pagato dagli stranieri ai proprietari italiani, fino a 1.500 euro in nero, tre volte di più di quanto previsto nel contratto”. Il NO alla “cultura dello scarto” (Papa Francesco) deve essere più consapevole, corale, determinato, senza se e senza ma.
Sogno una Città che dica NO alla piaga dell‘inquinamento: “Il piano strategico ha il suo fondamento nel modo in cui l’energia viene prodotta e consumata: cioè nel piano energetico: L’energia non è già ‘data’ alla città, ma va ‘prodotta'” (Fusco Girard).
Sogno una Città che dica NO alla piaga del drammatico calo demografico: nel 2.013 i nati sono stati 1.210, il dato più basso degli ultimi cinquant’anni. Una Città che non aiuta a far nascere bambini è una Città che si è già mangiato grosse quote di futuro, e anche il presente è meno felice e dinamico. Meno umano.
Sogno una Città che dica SI’ a un futuro più umano, che si consegue se si è in grado di garantire l’accesso al lavoro, all’abitazione, ai servizi, alla salute, alla sicurezza, alla de-carbonizzazione dell’economia urbana, ma anche se si riesce a trasformare ogni soggetto in un componente di una comunità creativa, capace in quanto tale di auto-organizzazione, auto-gestione, auto governo. Ma questa è una questione culturale.
Rimini, Sala Manzoni, 8 giugno 2015
+ Francesco Lambiasi