Grazie alla presenza e all’opera dello Spirito
Omelia del Vescovo per la Veglia pasquale
Arrivati a metà del nostro cammino, diretto all’incontro pieno con il Crocifisso Risorto, siamo ora in grado di ripercorrere le prime due tappe di questa veglia e di allungare l’occhio per prevederne in anticipo le altre due. Nel frattempo cerchiamo di renderci conto di come tutto il percorso si stia svolgendo sotto la “regia”, impareggiabile e sorprendente, dello Spirito Santo.
1. La prima tappa è stata la liturgia del fuoco e della luce. La veglia è cominciata con l’accensione del grande fuoco, fuori della Cattedrale. Secondo il mito dell’antica Grecia, il fuoco era stato la più geniale invenzione degli dei, che lo custodivano gelosamente nella loro residenza, sul monte Olimpo. Fino a quando Prometeo dette la scalata alla sacra montagna, rubò la fiamma e la esportò sulla terra. Secondo una interpretazione cara all’idealismo di destra e di sinistra del primo Ottocento, sarebbe stato lui a mettere in moto la catena dell’eterno progresso e avrebbe così avviato il cammino trionfale dell’umanità verso il sole dell’avvenire. E’ ben per questo che K. Marx lo ‘canonizzò’ come il capofila di quelli che furono chiamati i ‘santi atei’. Gesù non è un personaggio mitologico, ma si è presentato come chi è “venuto a portare il fuoco sulla terra” (Lc 12,49s). Questo fuoco, che Gesù asceso al cielo, manda sulla terra a Pentecoste, è lo Spirito Santo. E’ il frutto finale della sua missione: è l’amore di Dio per i suoi figli, che sgorga dalla morte stessa del Figlio. Ci fa suoi fratelli e fermento di fraternità per la Chiesa nel mondo.
2. La liturgia della Parola è stata la seconda tappa della nostra veglia. Come a livello umano non si dà parola senza il soffio che la sostiene, così Dio Padre dice la sua eterna Parola (il Figlio) con il soffio dello suo santo Spirito. Gesù è la Parola fatta carne, per opera dello Spirito Santo, e fatta libro nella sacra Scrittura, ispirata dallo stesso Spirito. Per questo nella lunga cascata di brani dall’Antico al Nuovo Testamento che ci sono stati proclamati nella liturgia della Parola, abbiamo potuto contemplare le meraviglie operate da Dio nella storia della salvezza, attraverso le sue due mani: Gesù, la Parola, e lo Spirito santo. “Senza di lui Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo è lettera morta. (…) Ma in lui il cosmo si solleva e geme nelle doglie del Regno, il Cristo risuscitato è presente , il Vangelo è potenza di vita” (Ignatios Hazim).
3. Tra poco celebreremo la terza tappa: quella dell’acqua e del battesimo. L’acqua è più che un semplice simbolo dello Spirito; ne è il segno efficace. Non solo fa venire alla mente lo Spirito, ma lo rende presente e operante. Il battesimo non è il rito della nascita, ma della rinascita: è il sacramento in cui si rinasce dallo Spirito (cf. Gv 3,5) e in cui si comincia a “camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). Non è solo l’inizio della vita nuova, ma ne è anche il modello. Nel modo stesso in cui si compiva (immersione/ emersione), indicava un essere sepolti e un risorgere, un morire e un rivivere. Un padre della Chiesa diceva poeticamente ai neo battezzati: “L’acqua salutare vi fu sepolcro e madre” (Cirillo di Gerusalemme). E’ una legge che dal battesimo si estende a tutta la vita cristiana, che è una vita alimentata dalla morte. E’ un morire per vivere. Esattamente il contrario della vita naturale che, a rigor di termini, viene definita come “un vivere per morire” (M. Heidegger). Se sul piano naturale ogni istante di vita è un andare incontro alla morte,sul piano soprannaturale, ogni atto di morte del proprio io egoista, possessivo e aggressivo, si traduce in vita secondo lo Spirito. San Paolo infatti, parlando degli effetti della risurrezione di Cristo nella nostra vita, ci esorta: ”Offrite voi stessi a Dio come vivi ritornati dai morti” (Rm 6,13).
Ma qui, cari fratelli e sorelle, battezzati da lunga data, permettetemi di ringraziare a nome vostro, questi prossimi neofiti. Questa sera noi siamo da loro provocati a fare una scoperta: che lo Spirito Santo, ricevuto nel battesimo, giace in noi come fuoco sepolto sotto la cenere e che va riportato alla luce e riacceso perché possa illuminare e riscaldare la nostra vita, troppo spesso fredda e triste. Ma a me e a tutti voi debbo anche richiamare il senso profondo del nostro battesimo. Non è un privilegio. E’ un dono. E’ grazia sorprendente e immeritata. Noi siamo stati consacrati a un servizio di salvezza verso gli altri, specie verso i poveri, gli afflitti, e verso i prigionieri di tutte le prigionie, come verso i malati di tutte le malattie: fisiche e morali. Il battesimo è una missione: un dono fatto a noi perché lo portiamo agli altri.
4. L’ultima tappa della nostra veglia è la liturgia eucaristica. Se la nostra tradizione latina ha messo in luce chi è presente nell’eucaristia (Cristo Signore), la tradizione ortodossa ha evidenziato maggiormente da chi viene operata la presenza di Cristo: dallo Spirito Santo. L’opera dello Spirito Santo in questa tradizione viene espressa attraverso il ricco simbolismo dello zeòn: prima della comunione il presbitero (o il diacono) versa nel calice un po’ di acqua calda. Il significato è trasparente: l’acqua scaldata al fuoco simboleggia lo Spirito Santo, disceso sotto forma di fuoco sugli apostoli nel cenacolo a Pentecoste. Partecipando al corpo e al sangue di Cristo, ogni cristiano può dire: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Cari catecumeni, state per diventare membra del corpo di Cristo, membri della stessa famiglia di Dio Padre, ministri e operatori della missione dello Spirito Santo. Insieme alla grazia incomparabile del battesimo, ricevete la luce della fede e il fuoco della carità: che non si spengano mai nella vostra vita. Ricevete anche la parola di Dio, consegnata nella sacra Bibbia: che non rimanga un libro chiuso e sigillato, ma sia lampada ai vostri passi e pane per il vostro cammino. Ricevete pure il corpo e il sangue di Cristo: che l’eucaristia sia linfa per la vostra missione, spinta per la vostra testimonianza, stimolo per la vostra carità.
E ad ognuno di voi dico insieme a tutta la nostra Chiesa: “Sorella, fratello, canta e cammina!”.
Rimini, Basilica Cattedrale, 31 marzo 2018
+ Francesco Lambiasi