Omelia del Vescovo per la Veglia pasquale
1. La risurrezione è la notizia-più di tutta la vita di Gesù. La notizia più bella, più sorprendente, più liberante, più singolare, più feconda, più ‘rivoluzionaria’, più decisiva di tutta la storia del mondo: del mondo come ‘umanità’ e del mondo come ‘universo’. Un vangelo amputato della pagina della risurrezione, non sarebbe un vangelo mutilo. Sarebbe semplicemente un non-vangelo. Viceversa, se dovessero malauguratamente andare distrutte tutte le Bibbie esistenti nel mondo, e ne rimanesse una sola, e di quell’unica Bibbia rimanesse un solo vangelo, e di quell’unico vangelo rimanesse una sola pagina, e di quell’unica pagina rimanesse una sola riga dove è scritto ”Gesù è veramente risorto”, noi potremmo ancora dirci dei credenti beati e fortunati.
Altrimenti il messaggio cristiano sarebbe senza senso. Altrimenti la fede sarebbe senza fondamento. Altrimenti la vita dell’uomo una disperata corsa verso il nulla. Altrimenti la morte continuerebbe, implacabile, a falciare montagne di cataste e caterve di morti su morti. Altrimenti la Chiesa non avrebbe più niente da dire. E noi oggi non staremmo qui, a lasciarci incontrare da Gesù Cristo, il Risorto. Anzi il Risorgente. Anzi la Risurrezione stessa. Perché da lui dipendono le sorti del mondo, al punto che solo da lui si può attendere quella salvezza che giunge fino al superamento della morte.
2. Ma una notizia così originale, tanto importante e fondamentale quale la risurrezione di Gesù, non possiamo prenderla sotto gamba.
Come ad esempio quando la si volesse ridurre al livello di uno di quei ‘risuscitamenti’ da Gesù stesso operati durante la sua vita pubblica. Quali, per citare il caso di quella più eclatante, la cosiddetta ‘risurrezione’ di Lazzaro, del quale, possiamo dire, che è risuscitato, sì, ma all’indietro. Nel senso che è tornato alla vita precedente. In effetti, più che di resurrezione vera e propria, per Lazzaro occorre parlare di ‘reviviscenza”. In fondo Lazzaro, dopo essere ‘risorto’, è certamente ‘rimorto’, per vecchiaia o per malattia. Mentre Gesù è risorto in avanti. Non muore più. Vive per sempre.
Un’altra ‘riduzione’ della portata oggettiva della risurrezione di Cristo avviene quando la si intende come un evento del passato, di un passato remoto e ormai sepolto. Vedi, ad esempio, il caso del Natale dello stesso Gesù di Nazareth. La risurrezione del Signore invece è un evento che, in quanto tale, travalica le barriere spazio-temporali, e pertanto risulta coestensivo a tutte le generazioni della storia. A rigore si può veramente parlare di una sua indubitabile e irriducibile efficacia salvifica in senso retroattivo, quindi a vantaggio anche delle generazioni nate e vissute prima di Cristo. Pertanto Gesù è l’unico ‘morto-che-parla’ e può dire in tutta verità: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Un terzo processo di riduzione, anzi di una vera e propria banalizzazione, si verifica quando la risurrezione viene ridotta a una specie di esibizione della prova che Gesù è un essere divino. Quasi che si tratti di un fatto che possa essere dimostrato attraverso lo studio di una documentazione storica esauriente, indiscutibile e pienamente probante. Si tratta invece di un evento che, accolto nella fede, produce tutta l’esperienza cristiana e la sua nuova visione della vita. I cristiani che, accogliendo il dono dello Spirito Santo, credono alla testimonianza dei primi discepoli che hanno visto Gesù risuscitato, si trovano a vivere nell’orizzonte dilatato del mondo della risurrezione, nel quale, come afferma l’Apocalisse, Dio “asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno”.
3. Ma ora domandiamoci: cosa ha fruttato la risurrezione di Gesù nella vita dei suoi primi discepoli e anche in noi che fondiamo la nostra fede sulla loro testimonianza?
Il primo dono del Risorto è stato ed è tuttora una rilettura dell’evento insuperabile della sua morte. Quell’evento che Paolo qualifica come “scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani”, in verità è “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Cor 1,23s). Concretamente non possiamo trasformare Caifa, Giuda e Pilato in automi esecutori dell’azione divina. Né possiamo fare del sangue di Cristo la libagione versata sull’altare, come fosse quasi un atto magico capace di soddisfare un presunto ‘sfogo’ di ira divina che, paganamente, sarebbe assetata di espiazione.
Conseguente a questo, c’è un dono ancora più stupefacente che il Risorto fa ai primi suoi discepoli, e anche a noi. Ed è l’offerta di una nuova vita. In sostanza Gesù ci dona di vivere la nostra vita, con tutte le sue vicende belle o tristi, e perfino la nostra morte come le ha vissute lui stesso. Gesù, vero Figlio di Dio, ha accettato la missione affidatagli dal Padre: essere il messia del suo popolo, non cercando la propria gloria e neppure la propria sopravvivenza, ma rimanendo fedele al disegno del Padre che lo conduce sulla via della povertà e della mitezza. Un messia vincente avrebbe lasciato degli sconfitti sul campo. Ma lui, Gesù, non avrebbe dovuto intendere così il suo compito. Gli si addiceva invece la figura tratteggiata da Isaia: “Ecco il mio figlio che ho scelto… non provocherà contese, non guiderà né si udrà sulle piazze la sua voce, la canna infranta non spezzerà, il lucignolo fumigante non spegnerà”.
Tutti i doni del Cristo risorto si riassumono nel dono dei doni, lo Spirito Santo, che il Signore stesso trasmette ai suoi riuniti nel cenacolo la sera di Pasqua. Dopo aver soffiato su di loro, disse: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati”. Per comunicare questo dono Gesù è vissuto, è morto ed è risorto.
E’ stato così posto dentro il cuore della storia un germoglio di vita nuova. Il Padre, che Gesù aveva così profondamente amato e fedelmente servito, per questo lo aveva mandato in mezzo a noi.
Dono del Padre è oggi la presenza dello Spirito Santo nel nostro cuore, in forza del quale noi possiamo credere in Gesù e così vivere del suo stesso mistero di Pasqua.
Mistero di amore.
Di morte per amore.
Di vita tutta vissuta nell’amore.
Rimini, Basilica Cattedrale, 3 aprile 2021
+ Francesco Lambiasi