Omelia del vescovo per il Meeting di CL
Un esito drammatico – di più: un epilogo tristemente traumatico – ci viene puntualmente registrato oggi dall’evangelista Giovanni dopo il lungo, rigoglioso discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao sul pane di vita. La folla, straripante e ondivaga, che il giorno prima aveva reagito con standing ovation dopo la moltiplicazione dei pani in pieno deserto, si era letteralmente squagliata. Tante volte la gente aveva pesantemente mugugnato: “Ma cosa dice questo qua? Ma come può darci addirittura la sua carne da mangiare? Ma per chi ci hai presi?”. E lui, invece di dare spiegazioni, anziché ammorbidire e annacquare quel crudo messaggio, aveva rincarato la dose: “Io sono il pane disceso dal cielo. Io sono il pane vero che dà la vera vita”. Così, a crocchi e a frotte, se n’erano andati via tutti, scuotendo la testa, con maliziosi ammiccamenti e qualche sorrisetto di commiserazione: “Ma che gli abbia dato di volta il cervello?!”. Anche “molti dei suoi discepoli” – annota duro e amaro Giovanni – tornarono indietro” invertendo la loro direzione di via. Anziché andare dietro di lui, si tirano indietro da lui. E se la danno a gambe, delusi e frastornati.
1. A questo punto Gesù resta solo con i suoi compagni più intimi, i Dodici. A bruciapelo pone loro una domanda tagliente: “Ve ne volete andare anche voi?”. Essi si ritrovano così di fronte al drammatico dilemma del sì o del no. Il cammino di fede arriva al punto invalicabile di una decisione radicale. E’ l’ora della crisi. Cala un silenzio cupo, imbarazzante. Ma, imprevedibile, a raffica, arriva, trafelata, la risposta di Pietro: “Signore, da chi andremo?”.
Non c’è nessuno che possa saziare la fame dell’uomo, quanto lui. Non si danno alternative. Gesù o è tutto o è niente. Solo lui ci fa entrare nella comunione con Dio: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Solo Gesù è la risposta alla bruciante attesa del nostro cuore assetato di cielo: “Tu sei il Santo di Dio”. Gesù è il consacrato, il totalmente uomo, ma pure il totalmente altro. Il ministero in Galilea si chiude con un crack pauroso: con la fede di pochi e l’incredulità di molti.
Ma proviamo ora a scavare dentro la risposta di Pietro. Per sette volte Gesù aveva ripetuto che mangiare la sua carne fa vivere. Gesù ha l’insuperabile coraggio di dire Io, e di esprimere una convinzione fortissima. Questa. Io faccio vivere. Io possiedo il segreto della vita. “Io sono venuto perché (tutti) abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Pietro ha capito e si pone sulla stessa lunghezza d’onda del Maestro: “Io, Simone bar Jonas, io sono un povero mendicante di vita, per questo non me ne andrò via. Io, la vita, l’amo: per questo starò ancora con te. Con te, Jeshù, fino alla morte”.
2. Ha scritto Bonhoeffer, credente evangelico, ucciso dai nazisti: “Non ci interessa un divino che non faccia fiorire la vita. Un divino cui non corrisponda il rigoglio dell’umano non merita che ad esso noi ci dedichiamo” (Bonhoeffer). E’ la novità umanamente insuperabile del cristianesimo. Non più un Dio che domanda agli uomini doni, offerte, sacrifici, come in tutte le religioni, ma un Dio che si dona lui stesso, che perde se stesso dietro e dentro le sue creature, come lievito dentro il pane, come pane dentro il corpo, come parola dentro il cuore, come ‘vangelo’ e buona notizia dentro la vita. Sì, Dio usa anche le cesoie per potare, ma mai per amputare. Dio viene e interviene come libertà liberante, come salvezza che promuove, non come autorità che boccia e schiaccia. Non è un Dio che punisce e ferisce, ma che risana, rialza e rilancia. Un Dio capovolto. Non più un sovrano implacabile che chiede sacrifici per sé, ma che si sacrifica lui per me, per te, per tutti.
Bellezza e stupore, scandalo e follia della nostra fede. Poter diventare credenti come Pietro! Imparare il coraggio di dire: Io… credo. Imparare a sentirsi amati. Ad essere preziosi agli occhi di Dio: non perché più bravi degli altri, ma perché teneramente, tenacemente amati da lui, l’Abbà-Amore. Imparare a sapersi scelti, a percepirsi abbracciati dentro il circolo d’amore tra il Padre celeste e il Figlio incarnato. Imparare ad essere guardati con amore perfino nel momento dell’alto tradimento. Imparare a riparare ogni nostra più meschina infedeltà, con un amore ancora più coinvolto e appassionato: “Pietro, tu mi ami?”.
Ciò che ha permesso a Pietro di immergersi in tutte le circostanze – anche le più aggrovigliate e perfino il tradimento – senza naufragare, è stato il fatto di aver assorbito, dalla sua intensa, intima amicizia con Gesù, la coscienza di non poter più fare a meno di lui. A pensarci bene, la coscienza di non poter fare a meno di Cristo è quell’aspetto della fede che riesce a resistere anche al peccato, nel senso che il discepolo impara perfino dalle sue miserie l’assoluto bisogno del proprio salvataggio. Ad opera di Cristo, l’unico Salvatore di tutti.
Tra due mesi, il 24 ottobre prossimo, qui a Rimini verrà dichiarata beata una ragazza morta a 23 anni, della APGXXIII, definita come “la santa della porta accanto”. A 17 anni, al termine di un tempo di deserto e di preghiera, sul punto di fare la sua scelta di vita, ecco che cosa ha lasciato scritto nel suo Diario: “Dunque, ora si tratta di scegliere. Ma cosa? Dire: sì, Signore, scelgo i più poveri. Ora è troppo facile, non serve a niente, se poi quando esco è tutto come prima. No, dico: scelgo Te (Gesù) e basta”. Sandra non aveva scelto, prima di tutto, la povertà. Neppure aveva scelto, prima di tutto, di soccorrere i poveri. Ha scelto, prima di tutto e di tutti, Gesù povero. E basta. Ha scelto il coraggio di dire: “Io credo”. Ha scelto l’umile fierezza di lasciarsi amare da Gesù. E per questo ha scelto, senza se e senza ma, di riamarlo nei poveri e in ogni fratello e sorella sofferente.
Perché Gesù o è tutto o è niente.
Rimini – Fiera, 22 agosto 2021
+ Francesco Lambiasi