Il sacrificio di Cristo come liberazione
Omelia del vescovo nella Messa del Giorno di Pasqua
Noi umani siamo fatti così: siamo fatti di carne e sangue, ma non possiamo vivere solo di aria e di pane, di sonno e di sforzi, di fughe e rincorse. Non possiamo vivere costantemente bloccati da mille e una paura, e sempre in affanno per qualche raro piacere. Noi umani abbiamo fame di futuro, e sappiamo di averla. Anche gli altri animali bipedi e implumi hanno un ieri e un domani, ma, oltre a non saperlo, il loro domani non è veramente un nuovo giorno: è la ripetizione necessaria, inesorabile e prevedibile di ciò che è stato ieri. Un po’ come un robot perfettamente programmato, che va avanti, con precisione automatica, per conto suo.
1. Ogni essere umano, invece, non può non aprirsi a cose nuove, non ancora successe: sono le cose che potranno avvenire, quelle che i romani chiamavano le ad-venturae, da cui il nostro ‘avventure’. Ogni figlio d’Eva può spingere la mente sempre oltre, può gettare il cuore più in là, sempre più in là; può sognare una immagine di sé e porla davanti a sé (pro-getto). La persona umana è tale perché può camminare verso il progetto di sé. Questa capacità di futuro prende il nome di libertà: la vita umana non è la pura e semplice riproduzione di ciò che si è sempre verificato, ma la libera apertura a ciò che non è ancora avvenuto.
Poi, prima o poi, però, si sperimenta lo scacco matto della morte: si scopre che non bastiamo a noi stessi, si sperimenta che la nostra libertà è fragile e crepuscolare, non ci bastano le nostre piccole abitudini, cadiamo vittime di voglie e miraggi, ci fabbrichiamo idoli a cui affidare la soddisfazione dei nostri bisogni immediati. E’ stata l’esperienza del popolo d’Israele nel deserto. Alla fatica del futuro libero, ma misterioso e inafferrabile, il popolo preferisce lo squallore di un passato schiavo ma chiaro e sicuro.
Nella storia di Israele si specchia la storia di noi, nuovo Israele. Ma è nel Nuovo Testamento che si smaschera la perversa strategia di Satana, il quale ci tiene schiavi con la madre di tutte le paure: la morte. E, all’opposto, si profila la strategia di Gesù. Eccola, concentrata in due righe: “Gli uomini sono fatti di carne e sangue. Per questo anche Gesù è diventato come loro, ha partecipato alla loro natura umana. Così, mediante la propria morte, ha potuto distruggere il demonio, che ha il potere della morte; e ha potuto liberare quelli che vivevano sempre come schiavi, per paura della morte” (Eb 2,14-15).
2. La vita di Gesù è stata l’esigente, affascinante avventura di una libertà sempre più grande. Gesù non si è atteggiato ad asceta duro, alla maniera di Giovanni Battista, ma non è neppure mai stato schiavo della bramosia di possedere. Ha insegnato con parole e con atteggiamenti coerenti che la ricchezza diventa padrona, quando uno ripone in essa la misura del proprio valore e la sicurezza della propria vita.
Oltre che dalla ricchezza, Gesù è stato anche libero dalla suggestione del potere e dalla tentazione di dominare gli altri. Si è presentato come “colui che serve” (Lc 22,27) e ha insegnato che l’autorità deve essere esercitata come un servizio, e non come un dominio oppressivo: “Chi vuol essere il primo, sarà il servo di tutti” (Mc 10,44). .
La liberazione dal possesso egoistico e dall’ambizione, però, non è sufficiente. Il regno di Dio – ha insegnato Gesù – trasforma anche gli affetti e li apre a valori più alti e universali. Gesù riconosce il valore della famiglia, eppure non esita a dichiarare che la sua famiglia più vera è quella formata dai discepoli che compiono la volontà del Padre.
Ma come fa Gesù a liberarci dall’incubo della morte, dall’ansia ossessiva di trovare sicurezze e piaceri per sentirsi vivi? Come ha fatto Gesù a vincere in se stesso la paura della morte? Abbandonandosi con fiducia nelle mani del Padre. Gesù stesso spiega così la sua scelta di andare incontro alla morte in croce:”Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita” (Gv 10,17). Ecco il segreto della libertà che Gesù ha svelato e realizzato anche per noi: fare sempre e totalmente la volontà del Padre genera e tiene in vita la libertà capace di amare e servire fino all’estremo! L’incomprensione degli amici, l’odio degli avversari, la minaccia sempre pendente sul suo onore, sui beni a cui avrebbe avuto diritto, sulla sua stessa vita – minaccia tradotta poi in atto nella morte in croce – non sono stati per lui un incitamento a difendere rabbiosamente questi beni, continuando la spirale di odio, di egoismo, di vendetta da cui gli uomini non riescono, da soli, a liberarsi. Gesù ha spezzato la catena soffocante del passato: ha visto nell’odio e nella morte preparatagli dagli oppositori, un motivo per amare di più coloro che gli erano nemici.
In base a che cosa, dunque, ha potuto compiere questa trasformazione? Ha potuto perdere la vita perché si è fidato del Padre, che crea e ricrea la vita. Gesù non ha voluto mettere le mani sul proprio futuro, prolungando la sua vita fisica con tutti i beni che le fanno corona. Ha consegnato il suo domani nelle mani tenere e forti di Dio Padre e l’ha ricevuto dalle sue mani come un dono: quel dono che il Nuovo Testamento chiama “risurrezione dai morti” per indicare non la semplice restituzione della vita, ma il dono di una vita nuova, definitiva, diversa rispetto a quella fragile e mortale che noi conduciamo sulla terra.
3. Così la storia di Gesù non è solo la commovente vicenda dell’innocente che vince il male, con il suo disarmato amore, ma è vittoria divina sul male, vera distruzione del passato malvagio e condizionante, vero e pieno perdono del peccato. L’evento-Gesù non è solo un nobile buon esempio lasciato ai posteri, ma è forza di rinnovamento che Gesù, vivente per sempre presso il Padre, comunica a coloro che si lasciano raggiungere da lui, entrano in comunione con la sua persona. Dalla storia di Cristo nasce così la storia cristiana. Dalla vita di Cristo scaturisce la vita nuova dei cristiani. Dalla libertà di Cristo si accende l’avventura della nostra libertà. E’ il carattere pasquale dell’esistenza cristiana.
Sepolti con Cristo al momento del battesimo, noi siamo pure risorti con lui, perché abbiamo creduto alla forza di Dio che lo ha risuscitato. La nuova vita in cui siamo entrati non è altro che la partecipazione reale alla vita di Cristo risorto. Questa certezza infrangibile comanda e ispira tutto il nostro cammino. San Paolo ci ha appena ricordato: “Se siete risorti insieme con Cristo, cercate le cose del cielo, dove Cristo regna accanto a Dio” (Col 3,1). La partecipazione alla sua risurrezione è pure la fontana a cui appagare la sete ardente di speranza che ci brucia in cuore. Se il cristiano attende con impazienza la trasformazione del suo corpo di miseria in corpo di gloria, è perché già possiede il pegno di questa vita futura. La nostra risurrezione finale non farà che manifestare chiaramente ciò che noi siamo già nella realtà segreta del mistero: ora la nostra vera vita è nascosta con il Risorto nel cuore di Dio.
Questo può fare, di noi, la Pasqua di Cristo. Alleluja!
Rimini, Basilica Cattedrale, 20 aprile 2014
+ Francesco Lambiasi