Nel corso della FestaIncontro con i ragazzi delle Medie nel campo di Don Pippo in Rimini, il Vescovo ha lanciato agli oltre duemila partecipanti un messaggio, sotto forma di “estratto” di una immaginaria Lettera di s. Paolo ai Riminesi.
<<… Carissimi, tutte le cose che vi ho scritto prima, vi prego di tenerle a mente. Ma soprattutto vi raccomando uno sguardo attento ai più giovani, particolarmente a quei ragazzi e ragazze che hanno ricevuto o riceveranno il sacramento della Cresima. Ed ora vorrei rivolgermi direttamente a loro.
Cari fratellini e sorelline, vi chiamo così perché così vi avrebbe chiamato don Oreste. No, non mi metto a fare ora il tenerone con voi. Anzi, proprio perché vi voglio bene e so che su di voi ci si può contare, parto da una provocazione, che formulerei con queste parole. “Se essere amici di Gesù fosse ritenuto un delitto e voi foste accusati in tribunale come colpevoli di questo delitto, riuscireste a farvi condannare, come sarebbe certamente riuscito a fare Alberto Marvelli, Carla Ronci o Sandra Sabattini?”.
A me – lo sapete – è costato diventare amico di Gesù: mi è costata la testa… Ma è stato infinitamente di più quello che ci ho guadagnato. Provo a dirvelo in due parole.
Innanzi tutto ci ho guadagnato Dio. Mi spiego: prima della conversione, me lo immaginavo come un giudice accanito e inflessibile, sempre pronto a proibire, a condannare e a castigare. Certo, io obbedivo ai 613 precetti della legge mosaica, ma come farebbe uno schiavo nei confronti del suo padrone: per paura del castigo. O come farebbe un mercenario avido e venale: per comprare l’amore del suo signore. Ma che amore sarebbe – mi chiedevo dopo il “capitombolo” sulla via di Damasco – se si può comprare con un digiuno o con qualche preghiera? Quando fui battezzato da Anania, in quella casa, sulla via Dritta, mi sono subito sentito figlio di Dio Padre e da allora ho cominciato a chiamarlo con il nome dolcissimo di Abbà, babbo mio caro, proprio come lo chiamava Gesù.
Diventando discepolo di Gesù, ci ho guadagnato una vita nuova. Non più una vita vissuta come una tesissima partita a scacchi in cui ogni mossa è calcolata o come un teorema complicato che ti fa rompere la testa, ma neanche come una interminabile noia ammorbante… La vita mi è diventata come un’avventura aperta a continue sorprese. Come un gioco talvolta rischioso, ma sempre avvincente. Come un allenamento spesso duro, ma mirato a prepararci per un gioco piacevolissimo, che giocheremo nell’aldilà e non ci farà sbadigliare mai.
Diventando seguace di Gesù, ci ho guadagnato una compagnia grande e forte, la compagnia della Chiesa, che è diventata la mia grande famiglia, dove “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”, dove si sceglie di vivere con un cuore solo e un’anima sola. Il cuore è unico in tutti perché batte al ritmo dei palpiti del cuore di Gesù, e l’anima è il suo stesso santo Spirito. Questa Chiesa non è un club di perfetti, dove ognuno di noi si sentirebbe a disagio, ma una comunità di perdonati, dove si impara a vivere tutti per uno e uno per tutti.
Diventando amico di Gesù, ci ho guadagnato la gioia. Ho rinunciato alla volontà di separazione, con il suo slogan menefreghista: “Degli altri non me ne importa niente; sto meglio da solo”. E ho rinunciato alla voglia di sopraffazione, con i suoi slogan rampanti e aggressivi: “Beati i belli, i ricchi, i sani, i forti”, oppure: “Io voglio essere superiore agli altri sempre e comunque”. Ho dato ragione a Gesù che dice: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, e sono riuscito a gioire anche nella prova e nel dolore.
Ora, prima di salutarvi, debbo tornare alla provocazione iniziale: “Se essere amici di Gesù fosse ritenuto un delitto e voi foste accusati in tribunale come colpevoli di questo delitto, riuscireste a farvi condannare?”.
Ve lo auguro di cuore. Ed ora, insieme a voi, vorrei fare un grande WOW a Gesù.
Dài, uno, due tre: Jesus, WOW!
Paolo-Francesco, Vescovo