Discorso alla Città, al termine della processione eucaristica – Solennità del Corpus Domini
La processione del Corpus Domini – lo sappiamo bene – non appartiene al genere delle parate civili o militari, delle sfilate di propaganda o delle marce di protesta, né rassomiglia a un malinconico corteo commemorativo. E’ piuttosto una pubblica manifestazione di fede in un evento già compiuto eppure in corso; è il riconoscimento grato e adorante di un’alleanza ormai siglata una volta per sempre e tuttora in vigore. L’evento è quello della morte e della risurrezione di Cristo; l’alleanza è stata firmata con il suo sangue, ed è e sarà per sempre la “nuova ed eterna alleanza”. Sfilare raccolti e festosi dietro il SS.mo Sacramento per le vie della città significa dire forte la nostra fede in una Presenza che si vuole fare prossima ad ogni miseria, intima ad ogni gioia; una Presenza che sostiene ogni slancio di bene, dà forza ad ogni impegno di pace, appaga ogni inesausta ricerca di felicità, acquieta ogni insopprimibile sete di verità, di libertà, di fraternità.
Ma c’è un valore aggiunto in questa processione cittadina che merita di essere evidenziato, e consiste nel significato sociale dell’Eucaristia. Infatti la Chiesa è persuasa che il Cristo presente nel Sacramento non solo è alimento e sostegno per il cammino del popolo di Dio nella storia, ma può contribuire anche a rinnovare e umanizzare la cultura e la vita sociale. “L’Eucaristia – scriveva Giovanni Paolo II – non fornisce solo la forza interiore, ma anche, in certo senso, il progetto. Essa infatti è un modo di essere, che da Gesù passa nel cristiano e, attraverso la sua testimonianza, mira a irradiarsi nella società e nella cultura” (Mane nobiscum Domine, 2004, n. 25).
In altre parole, dalla cattedra dell’Eucaristia la comunità cristiana impara la grammatica di base dell’incarnazione e apprende la sintassi del rinnovamento della città, una sintassi che si articola in un “progetto” fondato su tre verbi principali e “reggenti”: condividere, trasformare, unire.
1. Condividere
La logica eucaristica dell’incarnazione richiede ai cristiani di incarnarsi nella storia. Come Cristo assume la forma, il sapore, il colore, lo spessore del pane e del vino per rendersi presente in mezzo a noi, così i cristiani dovranno “impastarsi” nella società, immedesimarsi nelle sofferenze e nelle speranze della città, diventandone l’anima, senza privilegi e senza discriminazioni, senza calcoli e senza riserve.
Dare un’anima alla città significa testimoniare una fede che genera una carità operosa e un impegno sociale che non può e non deve conoscere limiti, come non conosce limiti di spazio e di tempo la presenza di Cristo nell’Eucaristia.
C’è da assicurare presenza. L’estraneazione e l’assenteismo, il rifugio intimistico nel privato, la delega in bianco non sono leciti a nessuno, ma per i cristiani sono peccati di omissione.
C’è da garantire coerenza. Nessuno è perfetto, neanche i cristiani, ma i cristiani sanno che condizione imprescindibile per una feconda ed efficace azione sociale e politica è l’interiore tensione, nella vita privata come nel servizio pubblico, verso quella misura alta della vita cristiana qual è la santità.
C’è da dimostrare competenza. A nessuno che sia impegnato nel servizio della cosa pubblica è consentita superficialità o improvvisazione, meno che meno al cristiano.
Il beato Alberto Marvelli docet: ha testimoniato per la nostra città un impegno sociale e politico, vissuto da cristiano con scienza e coscienza, con una trasparenza specchiata, con limpida onestà senza compromessi e senza confusioni, con un servizio senza interessi e senza sconti.
2. Trasformare
Nella consacrazione eucaristica si realizza una trasformazione misteriosa, ma reale e sostanziale: un pezzo del nostro mondo – un boccone di pane, un sorso di vino – viene trasformato nel corpo e nel sangue del Signore Gesù. E’ l’anticipo di quella trasfigurazione finale quando la terra e il cielo di prima saranno tramutati in cieli nuovi e nuova terra.
I cristiani, i laici in particolare, sono chiamati a trasformare in profondità la città dell’uomo in tutti i suoi ambiti: dalla cultura alla politica, dall’economia al lavoro, dalla famiglia alla scuola, dalla sanità al tempo libero. Si tratta di dare alla vita della città la luce di quella ispirazione più alta e la forza di quella marcia in più che derivano dal vangelo per renderla una città abitabile, degna della sua storia, all’altezza della sua vocazione.
3. Unire
Un terzo significato sociale dell’Eucaristia è quello di unire gli uomini con Dio e tra di loro. Si tratta di un vincolo più forte di ogni legame naturale: l’amore di Cristo è il cemento più tenace e resistente per la costruzione di una città sicura, serena, aperta. L’Eucaristia non solo unisce i cristiani tra di loro, ma alimenta lo spirito di comunione e di servizio verso tutti.
Una città diversa è possibile. Una città più vivibile per tutti, a cominciare da coloro che sono i più svantaggiati, è realizzabile. Una città che sappia farsi carico in solido delle piaghe che continuano ad affliggerci – penso in particolare alla tratta della prostituzione, al problema della casa, alla insufficiente attenzione al pianeta-giovani, alle loro sofferenze e alle loro risorse. Una città dove si condividono angosce e speranze; dove i sogni di umanità piena si trasformino in progetti, i progetti in cantieri, i cantieri in opere concrete e tangibili. Una città fatta da persone dalle mani pulite e unite, sotto un arcobaleno intramontabile di pace e di giustizia.
E’ chiaro: una strategia del genere non può certo essere il frutto della logica del profitto a tutti i costi, una logica “anti-eucaristica”, perché individualista e disumana che genera egoismo, produce tensioni e divisioni sociali, allarga la forbice tra ricchi e poveri.
C’è bisogno, dunque, di Eucaristia. Questa, infatti, fa sì che i cittadini da estranei gli uni agli altri, da concorrenti gli uni contro gli altri, diventino uguali, solidali e uniti, fino a formare una grande famiglia con un cuore solo e un’anima sola, nella ricerca convinta e costante del bene comune.
Non sembra esagerato dire allora che l’Eucaristia riassume il meglio del contributo che i cattolici possono dare alla elaborazione del “piano strategico” per la costruzione di una città nuova, la Rimini del prossimo futuro.
Che il Signore benedica la nostra città!