Omelia pronunciata dal Vescovo nel 2° anniversario della morte di Chiara Lubich – Rimini, s. Nicolò, 15 marzo 2010 –
La Parola che l’odierna liturgia propone ci inserisce agilmente nel mistero che stiamo celebrando: la memoria di Chiara Lubich, a due anni dalla sua partenza per il Cielo.
1. Incontriamo nel vangelo di Giovanni (cfr. Gv 4,43 – 54) un uomo, un funzionario del re: “un regio” – dice esattamente il vangelo. Non viene identificato diversamente che dal potere mutuato da quel “reuccio” (così qualcuno chiamava Erode Antipa) che comandava in Galilea. Questo uomo è tutto preso dal proprio dolore per il figlio ammalato, ormai morente. Gesù tenta di risollevarlo da tanta depressione, gli propone di allargare i suoi orizzonti, tuttavia non attende immediatamente una risposta da lui: l’amore di Gesù è per ciascuno sempre e comunque inesauribile, immenso. Il funzionario chiede a Gesù di «scendere» là dove il figlio si dibatte con la febbre e lotta con la morte. Ma è Gesù che prende l’iniziativa e lo conduce a «scendere», a perdere le poche e povere sicurezze derivate dal suo stato sociale, per fondarsi invece sulla fede nella Parola: “e credette, con tutta la sua casa”, alla parola di Gesù. Giovanni ci riporta la meraviglia dell’uomo amato da Dio, nel contemplare la coincidenza «dell’ora» di Dio con «l’ora» degli uomini: l’incontro dell’amore di Dio con il bisogno dell’uomo.
Chiara ha vissuto intensamente tale incontro di Dio con l’uomo, e ha desiderato trascinare con sé in questo vortice d’amore tutta l’umanità. «L’ ideale» è appunto un carisma, un punto di coincidenza di Dio con la storia, il tempo (kronos) che diventa «kairos», il momento dell’incontro! Ricordare Chiara a Rimini, fare memoria della sua scelta di Dio, comporta assumerne lo stile, ripetere il medesimo percorso, e dilatare il cuore come ha fatto Lei. In questa Messa di anniversario per Chiara, entriamo in un mistero che ci tocca da vicino e che coinvolge tutta la Chiesa aperta ai «grandi orizzonti» tracciati da Chiara.
2. “Dio ci ama immensamente”: è la certezza che ha accompagnato tutta la vita di Chiara e ne ha segnato ogni attimo con caratteristiche di speranza e operosità. Il lamento del salmo “Non ebbero fiducia nel suo disegno” (Sal 106,13) non ha trovato posto nella sua esistenza, che è stata contrassegnata invece da una continua disponibilità.
Siamo attratti per una parte dall’amore immenso di Dio per noi e dal grido della «città» che spasima per la mancanza di questa certezza. Possiamo però come e con Chiara rispondere a questo duplice richiamo con le sue stesse parole:
“Sento la mia impotenza, ma l’abbandono a Dio. Tutto fondo su una fede che non crolla: credo all’amore di Dio. Credo che Dio mi ama. E in nome di questo amore domando alla mia vita e alla vita di quanti camminano nel mio Ideale cose grandi, degne di chi sa d’essere amato da un Dio.” Lubich, “Dio ti ama immensamente” Città N ed. 2009. pag. 54)
Dal Cielo Chiara continua il suo canto che è preghiera presso Dio e forte richiamo per noi: “Dio ti attiri a sé, con quelle parole che solo l’amore di un Dio sa dire…” (Ibid. pag. 11)
Potrebbero esserci anche mille motivi, in noi, per non credere a tanto amore, d’altra parte è sempre sconcertante per noi – lo è stato anche per Maria! (cfr. Lc 1,29) – che Dio voglia coinvolgere anche me, anche noi nei suoi progetti che sono sempre comunque grandiosi. L’intimità eucaristica vissuta assieme a Chiara faccia risuonare nel cuore le sue stesse parole, con la risonanza che creavano nella sua interiorità: “Non sempre forse tu pensi d’esser una creatura tanto preziosa: oggetto d’amore di Dio. Lui ti amava ancora prima che tu nascessi e a Lui tornerai presto…” (ivi, p. 11).
A Chiara risultava evidente senza alcuna ombra di dubbio fin dai primi tempi – come leggiamo nelle sue «letterine» degli anni ’40 – l’importanza di: “annegare tutto in Dio, … anche il dolore, che è visto come prova d’amore… annegare tutto … solo la volontà di Dio nell’attimo presente…”. Se per lei era così chiaro fin dall’inizio, vuol dire che questo «annegare tutto nell’amore di Dio» è parte integrante dell’Ideale.
3. La prima lettura (Is 65, 17 – 21) ci parla di “cieli nuovi e terre nuove”. Quanto e come ha segnato l’anima di Chiara questa attesa di un mondo che porti l’impronta dell’amore di Dio! Celebrare la Messa di anniversario di e per Chiara significa anche chiederci: quale oggi l’attesa nostra della novità che Dio vuole portare nel mondo?
Viviamo in un territorio e in una città per la quale Chiara si è chiesta, non una, ma ben quattro volte: ”Quale rapporto può esserci fra la mia persona e questa città? (cfr discorso per la cittadinanza onoraria di Rimini)
Chiara era schiva da ogni forma di protagonismo, – lei, in fondo, si è sempre sentita la maestrina delle valli del Trentino -; era consapevole di essere portatrice di un carisma, di un ideale non suo, di cui era la prima debitrice. Chiara era convinta di non dover fare niente da sola: e questa era la sua forza. La forza di questa donna debole era «essere insieme» nel nome di Gesù, cioè nella comunità con «Gesù in mezzo».
Così la Città, lontana dall’idea di un agglomerato di persone, di intrecci di strade o esposizione di monumenti, è per Chiara primariamente un «TU». Così si è rivolta a Rimini come ad un soggetto unitario, consapevole dei suoi limiti, delle proprie ferite, desideroso di superarsi continuamente e di perseguire i grandi ideali cui si è ispirata per raggiungere la sua attuale dignità e grandezza, agli occhi del mondo e della storia.
E allora costruire la comunità, essere insieme nel nome di Gesù è la condizione primaria per amare, per vivere un sogno. E’ la spiritualità di “Gesù in mezzo” che rende disponibili a spendersi per tutte le avventure che la fraternità fa immaginare. Senza i fratelli e le sorelle non si può “amare alla grande”. E Chiara ha sempre voluto costruire il movimento non per se stesso, ma per servire Gesù e per servire il mondo. Solo nell’unità si formano progetti a grande respiro e dotati di una forza di grado superiore. In questo senso Chiara non è una leader isolata o una intellettuale solitaria, ma è origine e frammento di una santità collettiva.
E Rimini, divenuta parte integrante di questa comunità, può aggiungere molto alla sua consistenza e rispondere all’indicazione di selezionare quei valori che le danno stabilità, liberandosi dalla farraginosità di eventi che la vorrebbero costringere ad inseguire fuggevoli, quanto inesistenti risultati.
Quando una Città riesce a curare le ferite di una guerra che l’ha distrutta per l’80% “matura veramente una grande esigenza di pace”. Afferma ancora Chiara di Rimini: “Pur essendo un centro di turismo europeo mantiene però la caratteristica della familiarità, della semplicità dei rapporti, che fanno sentire il turista come a casa”; per questo fatto non può proprio considerarsi piccola e deve aggiungere alle proprie risorse, la consapevolezza della propria dignità, risorsa questa che le darà di evitare o superare qualunque insidia.
La speranza dei “cieli nuovi e terre nuove” ha suggerito a Chiara parole ispirate:
“Se Dio è disceso dal Cielo in terra per noi,
non c’è dubbio che Egli ci ami.
E se qualcuno ci ama,
anzi se Dio stesso ci ama,
tutto è più facile per noi sulla terra,
tutto è più leggibile:
dietro i tratti oscuri dell’esistenza
si può scoprire la mano amorosa di Lui,
un perché a noi spesso ignoto,
un perché d’amore…” (ivi, p. 55).
La nostra fede e la corrispondenza nell’amore segneranno la misura della nostra comprensione del disegno di Dio sulla nostra Chiesa, e ci daranno di individuare la gemma della nostra «città» , incastonata nel grande mosaico dei “cieli nuovi e terre nuove”.
+ F.L.