Omelia in occasione dell’ordinazione diaconale di Paolo Bizzocchi e della candidatura al diaconato permanente di Paolo Amadori
In due mezze righe rotola nella storia del mondo e le imprime una rotta irreversibile il “vangelo di Dio”, che è Dio stesso come vangelo. Dio non come Dovere, come Legge, come Rito, come Merito, ma come bella notizia. In quel versetto è condensato anche il vangelo di Gesù. Il quale, in se stesso – nella sua persona e nella sua opera – è vangelo, una notizia bella buona beata. Di questo vangelo Gesù è insieme l’annunciatore e l’annunciato, il portavoce e il protagonista, il messaggero e il messaggio. Ritorniamo sul nucleo incandescente di quell’annuncio:
“Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo”.
1. Come si vede, è un messaggio esaltante e dirompente. Svela la duplice azione di Dio e rivela la duplice risposta dell’uomo. Il linguaggio, strettamente aderente al messaggio, è lapidario e folgorante, formulato in due indicativi e in due imperativi.
Il primo indicativo – “il tempo è compiuto” – sta a dire che Dio ha riempito fino all’orlo il grande contenitore del tempo. L’attesa è finita. Il momento è sopraggiunto. Dio mantiene la promessa, e la promessa si compie. E’ scoccata l’ora di Gesù. Più che di tempo dopo Cristo, dovremmo parlare di tempo di Cristo. Pertanto non ha più senso indugiare e temporeggiare. L’ora di decidere è ora. Il presente è il punto in cui confluisce ciò che è stato e da cui rifluisce ciò che sarà. O si vive il presente o non si vive, ma si pendola in una noia mortifera dalle illusioni del futuro alle delusioni del passato, dalle ansie alle angosce, dalle apprensioni ai rimpianti.
Il secondo indicativo – “il regno di Dio è vicino” – è un grido di gioia, una proclamazione di felicità, e insieme una espressione di urgenza: il regno di Dio è in arrivo! Questa è la novità stupefacente che Gesù ha da comunicare. E’ la missione per cui si gioca la vita. E’ l’incrollabile speranza che lo anima. Ma cosa significa di preciso l’espressione regno di Dio? Non è uno spazio, un ritaglio della cartina geografica. Non è un territorio, recintato da mura fortificate. E’ un’opera: è la signoria di Dio nella storia. L’inaugurazione del suo sogno: realizzare per e con i suoi figli il regno della fraternità, della giustizia, della pace.
Questo regno, Gesù, lo mostra in azione, non lo dimostra con freddi argomenti. Lo fa fiorire dalle sue mani: risana, libera, allieta. Fa sbocciare la pace dove si era coltivato il rancore. Fa germogliare il perdono nella terra infestata dall’odio. Fa rifiorire la vita dove aveva regnato la morte. La proposta di Gesù è un appello alla mia, alla tua, alla nostra risposta. La rivelazione di Dio esige la libera decisione dell’uomo, espressa nei due imperativi seguenti.
2. “Convertitevi e credete nel Vangelo”. La conversione è un capovolgimento di testa e una inversione di piedi. Di testa: urge decidersi a ribaltare la propria mentalità. Di piedi: urge decidersi a compiere una radicale ‘inversione ad U’.
Convertirsi significa assumere un diverso modo di pensare e di agire, mettendo Dio e la sua volontà d’amore al primo posto, pronti a rinunciare a qualsiasi altra cosa, per quanto importante e cara possa risultare.
Convertirsi significa liberarsi dagli idoli “opera delle nostre mani”, che tengono schiavo il cuore: benessere, prestigio sociale, affetti disordinati, culto della propria immagine.
Convertirsi significa credere nella verità del Vangelo. La bellezza e il fascino del regno di Dio consentono di compiere con gioia le rinunce più aspre e le fatiche più ardite. Perché in realtà non sono una mortificazione, ma una vivificazione per crescere, per essere di più, per vivere una vita più vera e più bella, in pacificante comunione con Dio e con i fratelli tutti.
Il vangelo è tale non perché chiede. Certo, è follemente esigente. Ma non chiede per prendere, né domanda per pretendere. Domanda per donare. Per donare tutto. Il cammino della sequela richiede lotta e continuo impegno. Ma se il cammino è autentico, porta a una scoperta che tutto capovolge. Non è il discepolo che dona se stesso al Maestro. E’ il Maestro che dona se stesso al discepolo. Non è il discepolo che dona a Dio le cose che lascia, ma è Dio che insegna al discepolo un modo nuovo di godere delle cose lasciate. Questo è credere nel Vangelo, non semplicemente al Vangelo. E’ un immergermi nel Vangelo fino al collo, un buttarmici dentro, con una fiducia che non darò più a nient’altro. E a nessun altro.
Infine vengo a te, carissimo Paolo Bizzocchi. Nel rito di ordinazione viene consegnato al neo-diacono il libro dei santi vangeli, ad esprimere che la prima diaconia che gli viene affidata, il compito primario e qualificante che gli viene assegnato è la missione di annunciare il Vangelo. Una missione che non può rimanere circoscritta alla sola sfera liturgica, ma prosegue e si dilata a tutte le realtà in cui un diacono normalmente si imbatte. Ma il vangelo della tentazione di Gesù nel deserto ci inchioda. Non possiamo andare ad evangelizzare se noi non ci lasciamo evangelizzare dallo Spirito Santo. Se non rimaniamo nel deserto per allenarci a lottare contro il male. Se non facciamo esperienza della possibilità di un mondo riconciliato.
Analogo augurio rivolgiamo a te, carissimo Paolo Amadori, che muovi il primo passo pubblico verso il diaconato permanente, per dedicarti con tutto il cuore e con tutte le forze all’opera della nuova evangelizzazione.
Sorelle e Fratelli tutti, siamo alla prima tappa del nostro cammino quaresimale. Auguriamoci a vicenda che il Signore rinnovi in noi tutti l’incalcolabile grazia del sacerdozio battesimale, per convertirci al lieto annuncio del regno di Dio e al vangelo della sua Pasqua.
Rimini, Basilica Cattedrale – 21 febbraio 2021
+ Francesco Lambiasi