Miei carissimi tutti,
permettetemi di chiedervi un po’ di ascolto. Anzitutto vi voglio ringraziare per l’adesione alla “campagna di preghiera”, che di slancio ho pensato di proporre a me e a tutti voi per implorare dal Signore Gesù la grazia della guarigione di don Alessio Alasia, affidandolo alla intercessione del Servo di Dio, don Oreste Benzi.
Ora però vorrei condividere questi pochi pensieri rimuginati “a caldo” per dire, di getto, cosa significa per me fare questa preghiera.
Per essere il più chiaro possibile, comincio con il dire cosa non significa. È vero: noi crediamo che Dio è onnipotente. Ma di quale onnipotenza si tratta? Ecco, io mi debbo ricordare che prima di quell’attributo, onnipotente, noi professiamo di credere in “Dio Padre”. Ora io non posso pensare che nel momento in cui migliaia e migliaia dei suoi figli nel mondo stanno piangendo, gridando, chiamando, reclamando per questa terribile pandemia, Dio se ne stia lassù, ad occhi asciutti, lui solo senza tremare, fremere, piangere. Ma, allora che razza di Padre è?
A questo proposito mi viene da ricordare che quando, da piccolo, mia madre mi portava dal dentista, e io piangevo e mi divincolavo per difendermi dal dottore, guardavo di soppiatto la mamma e la vedevo singhiozzare di nascosto, mentre si torceva le mani e cercava di starmi vicino e farmi coraggio.
Poi però, crescendo, mi ci è voluto molto tempo per passare dal Dio dei “miracoli facili”, al Dio che “singhiozza con te”. E così ho imparato a legare – con nodo inscindibile – alla parola onnipotente la parola “amore”: “Dio, onnipotente… nell’amore”. Si è trattato di un percorso lungo e progressivo. È stato un po’ come passare dalla ribellione davanti a Dio – un grido che la Bibbia rispetta – alla compassione per Dio, per il Dio che, da onnipotente, si è legato le mani e si è fatto onni-impotente per amore. Per non schiacciarmi, per non reprimere la mia libertà.
A questo Dio io non sarei mai arrivato da solo. Ma è Gesù in croce che mi ha rivelato l’immagine autentica di Dio, il volto originale del Padre-Abbà. Il Crocifisso non scende dalla croce, non invoca una legione di angeli per incenerire i suoi crocifissori. Lui è l’unico veramente innocente nella storia dell’umanità, e resta innocente fino alla fine. Solo così può salvare tutti i responsabili della sua crocifissione. Davvero tutti: mandanti, esecutori e complici di quell’orrendo delitto. Proprio tutti, anche noi.
Certo, Dio è Amore. Ma non l’Amore che può fare quello che vuole degli uomini. Al contrario gli uomini possono fare quello che vogliono dell’Amore: possono accoglierlo e viverne. Oppure negarlo e rifiutarlo. Questa è l’impotenza del Dio onnipotente: è la ‘debolezza’ di amare troppo gli uomini, tanto da consegnarsi a loro senza riserve. Il Dio impotente-per-amore non è il Dio che scodella miracoli a tutto spiano. Ma questo non significa che non li fa più. Significa che Dio è Dio anche quando non li fa.
Allora noi preghiamo Dio Padre con Gesù per don Alessio e in questa preghiera ci facciamo dare una mano da don Oreste. Ma il nostro ‘Don’ ci ricorda che il miracolo più grande e più bello che Dio possa sempre compiere è il miracolo della nostra fede. Un miracolo, però, che Dio compie solo se noi collaboriamo con la sua grazia.
Preghiamo dunque, ma senza fare ricatti. Non diciamo al Padre nostro: “Noi ti crediamo se tu fai il miracolo”. Diciamo piuttosto, con umiltà e fiducia: “Noi ti crediamo a prescindere… Ci fidiamo e ci affidiamo a Te, perché tutto è grazia. Ma tu aiuta la nostra incredulità”.
E a te, caro don Oreste, diciamo quello che stiamo dicendo anche a nostra Madre Maria: “Tin bòta, Don!”. E tu dì a don Alessio: “Tin bòta anche te, fratellino”.
Vi saluto tutti, vi porto nel cuore, vi benedico con grande affetto
Rimini, 28 marzo 2020
+ Francesco Lambiasi
P.s. Mentre vi scrivevo, è arrivata la notizia che anche il diacono Maurizio Bertaccini di Montetaturo versa in condizioni molto gravi. Affidiamo anche lui e tutte le sorelle e i fratelli malati della nostra diocesi a Maria, Madre di misericordia, e chiediamo al Signore, con le parole accorate del Papa, di “fermare questa terribile pandemia”.