Omelia del Vescovo per la Messa dei Popoli
Epifania, duemila anni fa: i vicini si allontanano, ma i lontani si avvicinano. I vicini sono i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo di Gerusalemme: sono i massimi specialisti nell’arte di scrutare le Scritture a menadito. E in effetti nei sacri rotoli sanno rintracciare il navigatore che indica con esattezza il luogo dove doveva nascere il Messia: è Betlemme, distante da Gerusalemme appena una dozzina di kilometri. Più vicini di così?! Ma fanno come i cartelli stradali: magari ti sanno indicare con precisione la direzione e la distanza dalla meta, ma loro non si spostano neppure di un millimetro. I lontani invece sono i Magi: non solo per la distanza geografica, ma anche per il divario culturale e per la diversità di religione: rispetto agli ebrei, rigorosamente monoteisti, loro adorano gli astri del cielo. Incredibilmente, alla fine, i Magi, da lontani si fanno vicini, e i vicini, come sacerdoti e scribi, diventano lontani.
1. Epifania, oggi: i lontani si avvicinano, ma i vicini si allontanano? I vicini, che si autodefiniscono tali, si ritengono privilegiati per essere quelli della prima ora, e si pensano avvantaggiati per il solo fatto di sapersi nati e cresciuti nell’orbita della pratica cristiana. Sono appunto i cosiddetti praticanti. Si sentono già a casa, e non devono intraprendere alcun viaggio. Si percepiscono così vicini da illudersi di essere come nati nel presepe. Ma è un presepe low cost. E’ fatto di ossequi formali a regole minute e meticolose, ed espresso da una puntigliosa assistenza a cerimonie e devozioni. E’ il presepe segnato dall’adesione a un pacchetto di norme e convenzioni esteriori, magari patinate di sacralità. Al punto da sentirsi – i praticanti – immancabilmente ‘arrivati’ e da ritenersi in credito con Dio. I lontani, invece, si portano in cuore un’ansia di ricerca, un’attesa pungente, una struggente nostalgia. Incespicano forse nel buio, ma cercano una stella, quella che Dio non nega a nessuno. E’ la sua traccia misericordiosa, il palpito del suo instancabile richiamo. E così bypassano ogni resistenza e decidono di partire alla ricerca del Messia Salvatore.
La nostra vita è un po’ come il viaggio dei Magi. Straordinari personaggi, questi Magi! Capaci di scoprire la stella e di incamminarsi sulla sua scia sfavillante. Audaci nell’osare di uscire dal trantran di una vita piatta e comodona, dalle loro sicurezze inossidabili, dalle loro ammuffite abitudini… Ma noi non assomigliamo, forse, agli scribi e ai rabbi impettiti dell’antico Israele? Ci illudiamo di essere autentici discepoli, senza portare la gioia della stella a chi non riesce a vederla? Pensiamo di poter essere cristiani come cinquanta anni fa? Crediamo di essere Chiesa per il solo fatto di andare in chiesa nei giorni di precetto? Continuiamo, forse, a pensare la comunità cristiana come un affare di preti, frati e monache? Stiamo sempre lì a lamentarci che ragazzi e giovani non vengono in chiesa, o invece offriamo loro motivi invitanti e ragioni attraenti per (farli) venire? Quando la smettiamo di recriminare che oggi non c’è fede? Piuttosto, ci impegniamo ad annunciare il Vangelo?
2. Alcuni tra i cosiddetti lontani, quando si sono – o sono stati – avvicinati, hanno fatto una esperienza, che si potrebbe rendere con questa ‘confessione’. “Ho cercato Dio, e non l’ho trovato. Ho cercato il mio fratello, e non l’ho trovato. Ho cercato il mio io, e non l’ho trovato. Ho trovato Gesù, e ho ritrovato tutt’e tre: il mio Dio, il mio fratello, il mio io”. L’appuntamento con Dio, con il fratello, con il proprio io si compie in Gesù. Ma la domanda si reduplica: e dove è possibile oggi incontrare Gesù? Accenno ai ‘luoghi’ delle tre P: Parola, Pane, Poveri.
Il primo appuntamento Gesù ce lo fissa con la sua parola, la sacra Bibbia. Come è avvenuto per i Magi: nelle Scritture di Israele hanno ritrovato la stella che ha indicato la meta precisa del loro aspro cammino. La Bibbia, per la fede dei nostri fratelli maggiori, gli ebrei, e per noi cristiani, è il dono incalcolabile, che Dio ci ha messo nelle nostre fragili mani e che richiede in noi umile e stupita venerazione. In un salmo l’esistenza dell’uomo viene espressa nel simbolo di una strada avvolta nelle tenebre. Ecco, però, una lampada che scintilla: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119). Ma perché la Bibbia si trasformi in una lucerna che illumina il buio e tortuoso sentiero della vita, “non basta possederla, bisogna anche leggerla; non basta leggerla, bisogna anche comprenderla; non basta comprenderla, bisogna anche viverla”. Come vorrei, fratelli e sorelle, che la parola di Dio diventasse davvero la stella polare che orienta l’avventuroso andare della nostra Chiesa, il viatico personale per portare il bagaglio degli affanni e della fatiche di ogni giorno, il fuoco che ci fa ardere il cuore, la pioggia sul terreno arido e stepposo della nostra non facile esistenza.
Un secondo luogo di incontro con Gesù, anzi con il suo stesso corpo, è l’eucaristia. La domenica noi partecipiamo alla messa non per dare, ma per ricevere. Trovarci attorno alla mensa del Signore non è una penosa penitenza, ma uno straordinario dono d’amore. E’ la ricarica della nostra vita cristiana, sottoposta a dura prova dal peso della settimana passata e di quella seguente. Senza la messa la nostra vita di discepoli di Gesù comincia a gracchiare come una radio con le pile scariche. E ben presto si spegne.
Il terzo appuntamento Gesù ce lo fissa con il povero. L’autentico stile cristiano comporta che non solo si gridi perché gli altri facciano qualcosa, ma soprattutto che si paghi di persona. Esiste ed esisterà sempre un prossimo che non può aspettare il sospirato miglioramento della società, ma va aiutato subito, con soccorsi anche modesti ma immediati, e con un contatto personale: generoso, discreto, concreto, sempre affettuoso.
Fratelli, Sorelle, Amici, la gloria del Signore brilla su di noi. Lasciamoci rivestire dalla sua luce benefica e amica. Ed ora alzatevi. Professiamo la nostra fede in Gesù, unico Salvatore di tutti.
+ Francesco Lambiasi