Cari amici,
quello che ci appare come un appuntamento ripetitivo e sempre uguale – la ripresa autunnale delle lezioni scolastiche – in realtà si presenta ogni anno in forma nuova e in maniera inedita, con aspetti diversi.
A dargli un timbro di particolare originalità sono in primo luogo le esperienze e gli stati d’animo di ciascuno. Ogni anno è diverso perché noi siamo diversi. Nel riprendere in mano i libri, si riprende un po’ in mano anche la nostra vita, con le sue speranze e nuove scoperte, insieme ad altrettante incognite e non facili sfide da superare. Un ventaglio di possibilità e di scelte impegnative che non riguardano solo gli scenari futuri di responsabilità, ma le relazioni quotidiane, la delicatezza dei sentimenti, il rischio di fallimenti e delusioni, la gioia di non sentirci soli.
Ci sono poi le trasformazioni che riguardano il mondo della scuola, da tempo interessata a riforme e sperimentazioni. Prestiamo insieme attenzione a questi aspetti che toccano l’ordinario svolgersi della vita sui banchi di studio: anche se in modi diversi, tutti abbiamo la responsabilità di costruire ambienti che favoriscano una crescita umana autentica.
La scuola che riprende in questi giorni è diversa anche perché è la realtà in cui viviamo a conoscere di continuo profondi cambiamenti. E non possiamo lasciarla fuori dalla classe, dai nostri pensieri, dal pezzetto di mondo che ci prepariamo ad abitare. Mentre scrivo, sono passati pochi giorni dal devastante terremoto che ha colpito diverse regioni d’Italia, non tanto lontano da noi. È una tragedia che ci ha commosso e ha mobilitato la solidarietà di tutti. Davanti ai drammi dell’attualità – e ce ne sono tanti altri, tantissimi – c’è un’altra reazione che ci viene chiesta. È quella di interrogarsi su quale mondo vogliamo vivere e ancor prima quali persone vogliamo essere. Non potremo evitare tutto il male e vaccinarci dal dolore, ma possiamo scegliere come rispondere alla sofferenza, all’ingiustizia, ai meccanismi che portano a scartare tante vite.
Non siamo venuti al mondo per “vegetare” – diceva papa Francesco il 30 luglio scorso ai giovani confluiti a Cracovia per la Gmg. “Non siamo venuti al mondo per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti. Al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta. E’ molto triste passare nella vita senza lasciare una impronta… Amici, Gesù è il Signore del rischio, è il Signore del sempre ‘oltre’. Gesù non è il Signore del comfort, della sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una dose di coraggio, bisogna decidersi a cambiare il divano con un paio di scarpe che ti aiutino a camminare su strade mai sognate e nemmeno pensate, su strade che possono aprire nuovi orizzonti”.
Cosa c’entra – mi direte – la scuola con tutto questo? La scuola può farci cullare la tentazione di una vita-divano o metterci ai piedi le scarpe della conoscenza, della creatività, del servizio.
Uno che aveva ben chiaro come la scuola e la vita del mondo fossero strettamente intrecciate era don Lorenzo Milani, grande prete ed educatore fiorentino scomparso giusto cinquant’anni fa. Durante il prossimo anno scolastico cadrà anche l’anniversario della “Lettera a una professoressa”, scritta insieme ai ragazzi della sua scuola di Barbiana. Era il loro modo di lottare affinché la scuola non fosse “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, e ancor prima era il tentativo di far aprire gli occhi di tutti sulla realtà dell’educazione, così come avevano cercato di fare per primi gli studenti di quel piccolo paese insieme al loro prete. Ecco un’altra bella provocazione: tra scuola, società e comunità cristiana le strade devono essere aperte e percorse insieme.
Con questi pensieri nel cuore, auguro a voi, amici, un anno scolastico ricco di grandi insegnamenti e scoperte appassionanti, e a tutta la nostra Chiesa riminese di saper stare accanto a voi, ai vostri insegnanti e ad ogni famiglia.
Datemi la gioia di benedirvi e di salutarvi di cuore.
Rimini, 15 settembre 2016
+ Francesco Lambiasi