Omelia tenuta dal Vescovo nella celebrazione eucaristica per l’ammissione di dieci candidati al diaconato permanente
Quel sabato a Nazaret la storia della salvezza registrò una impennata vertiginosa, ma non se ne resero conto neanche gli assidui frequentatori della sinagoga del villaggio. L’avvenimento anzi sfociò in un epilogo drammatico, ci racconterà s. Luca domenica prossima. Ora facciamoci aiutare dallo stesso evangelista a incidere la buccia del racconto per spremerne la polpa del messaggio.
1. Dall’evangelista all’Evangelizzatore
Ma san Luca ci è appena venuto in soccorso, con il brano iniziale del suo vangelo, proclamato poco fa. Nella dedica del primo dei suoi due volumi all’amico Teofilo ci ricorda di aver scritto per cristiani della terza generazione, provenienti dal paganesimo. Sono credenti che, Gesù, non solo non lo hanno mai visto, ma neppure hanno conosciuto i testimoni oculari che lo avevano incontrato di persona. Inoltre la generazione dei destinatari del vangelo lucano non viveva più l’ardore dell’attesa febbrile dell’ultima venuta del Signore, il cui “ritorno” appariva sempre più evanescente e distante.
Insomma l’evangelista si è trovato nell’urgenza di affrontare due questioni spinose: come accedere a quel passato ormai remoto e come procedere verso un futuro sempre più lontano? In altre parole, che senso dare alla prima venuta del Signore e, insieme, al suo ultimo avvento, che si verificherà alla fine della storia? Ancora: come trasformare la massa della storia di ieri in energia per l’oggi e per il domani? La risposta dell’evangelista non consiste in una lista di fredde formule teologiche o di dottrine complesse e complicate, né si risolve in una sequenza di nobili ma astratti valori morali. La risposta di Luca non è una formula brillante e raffinata; è un avvenimento concreto, tangibile, ampiamente documentabile, per filo e per segno. La risposta è una persona: Gesù Cristo, crocifisso, morto e risorto. Ecco il kerygma, il messaggio della salvezza: è il vangelo su Gesù. Ma nel taglia-incolla sapientemente compiuto dalla liturgia, l’evangelista Luca ci pennella anche il vangelo di Gesù, di cui cioè Gesù non è l’oggetto, ma il soggetto, lui, il primo e più grande evangelizzatore.
2. Dall’Evangelizzatore agli evangelizzatori
Entriamo ora anche noi nella sinagoga di Nazaret: quello che sta per accadere è un avvenimento capitale, che il terzo evangelista sceglie come la scena-madre di tutto il suo racconto, un vero prologo dove si intravedono in trasparenza le coordinate fondamentali della missione di Gesù. Ecco che egli si alza per leggere: srotola la profezia di Isaia e va a trovare il passo dove è scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me…”. Stupefacente la conclusione che ne ricava: “Oggi questa Scrittura si è compiuta”.
Evangelizzare i poveri: questo è il progetto di Gesù; questa è la vocazione della Chiesa, è la missione di tutta la Chiesa, di ogni battezzato nella Chiesa. Essere cristiano ed essere missionario è la stessa cosa. L’evangelizzazione sta a fondamento di tutto e deve avere il primato su tutto. La promozione umana è parte integrante e quindi costitutiva dell’evangelizzazione, non è però né sostitutiva di essa né ad essa alternativa. Niente si deve anteporre alla proclamazione del vangelo, e pur di annunciarlo, la Chiesa è disposta anche a rinunciare ai suoi legittimi diritti, quando l’avanzarli offuscasse la sincerità della sua predicazione, come ha insegnato autorevolmente il Vaticano II (GS 76).
Ma ancora non abbiamo detto che cosa significhi evangelizzare i poveri. Il testo di Isaia, rafforzato da piccoli adattamenti introdotti da Gesù, indica con chiarezza che l’annuncio messianico della venuta in mezzo a noi del regno di Dio va particolarmente nella direzione degli uomini variamente emarginati: impoveriti, prigionieri, disgraziati, oppressi. La mentalità del tempo era piuttosto refrattaria a questa scelta. Ad esempio, le comunità di monaci esseni, che si ritiravano a vita nel deserto del wadi Qumràn, non permettevano l’ingresso nella comunità a “stolti, pazzi, deficienti, alienati, ciechi, storpi, zoppi, minorati”. Così si pensava anche negli ambienti farisaici popolari.
In conclusione, tutto il vangelo di Gesù si può concentrare in questo messaggio: “Oggi noi veniamo mandati ad evangelizzare i poveri”. Proviamo ora a smontare questo messaggio in vari segmenti e a ricavarne lo spunto di preghiera per i nostri amici candidati al diaconato permanente.
3. Noi mandati ad evangelizzare
Oggi. “Signore Gesù, tu non puoi limitarti a ripetere gli oracoli dei profeti. Tu devi continuamente metterci davanti agli occhi la buona notizia del grande evento: da duemila anni siamo passati dalla promessa al compimento, dalla profezia alla sua realizzazione. Benedici questi candidati al diaconato: fa’ che si preparino ad essere tuoi testimoni nell’oggi della storia, contemporanei della tua presenza, oggi più di ieri e meno di domani, poiché tu sei il Cristo di ieri, di oggi, di sempre”.
Noi. “Signore Gesù, ricordaci che non siamo membri di una organizzazione umanitaria, ma formiamo un organismo vivente. Non siamo una corporazione sociale, ma formiamo un corpo organico , di cui tu sei il capo e noi le membra. Non siamo un aggregato di io isolati e sconnessi, né un arcipelago di gruppetti e chiesuole. Insieme a te formiamo un noi: aiutaci ad agire a misura di “corpo mistico”, non ognuno per il proprio interesse, ma tutti e sempre per il bene comune. Intercedi presso il Padre tuo perché questi fratelli, candidati al diaconato, si percepiscano come membri della comunità diaconale, nella grande famiglia ecclesiale”.
Mandati. “Signore Gesù, ci rimettiamo nelle tue mani e ti diciamo con gioia: Nella semplicità del nostro cuore lietamente, Signore, ti abbiamo dato tutto. Ora noi ti offriamo le cose che tu stesso ci hai dato, e tu donaci in cambio te stesso. Non consideriamo la missione che tu ci affidi né come un peso né come un premio, né come un lusso né come un optional, ma come una grazia, un grazia speciale. Non stancarti di ricordarci che il primo dono che dobbiamo ai fratelli e alle sorelle non è il nostro attivismo, ma la testimonianza di una fraternità concretamente vissuta. Aiuta questi candidati al diaconato a preferire sempre di fare poco purché uniti, piuttosto che molto ma disuniti”.
Evangelizzare i poveri. “Signore Gesù, sostieni questi nostri fratelli, che tu chiami all’ordine del diaconato, perché non dimentichino mai che l’evangelizzazione avviene quando un povero cristiano dice a un altro povero non cristiano dove insieme potranno trovare da mangiare. Ma a loro e a tutti noi, a me vescovo, ai presbiteri e ai diaconi, ai genitori ed educatori, ricorda che, prima di pensare ad evangelizzare i poveri, dobbiamo lasciarci evangelizzare da loro, a cominciare dal primo povero, il più povero di tutti: te stesso, che da ricco che eri ti sei fatto povero per noi, per arricchirci con la tua povertà. E sia così per sempre. Amen”.
Riccione, S. Martino, 23 gennaio 2016
+ Francesco Lambiasi