Omelia in occasione della messa esequiale per don Tonino Brigliadori
1. “Antonio Brigliadori!” – “Eccomi, Signore!”. Tutta la vita di don Tonino è fluita tra la sponda di questa chiamata e la sponda di questa risposta. Tutta la vita, infatti, è vocazione: è chiamata del Signore misericordioso e risposta di noi poveri mortali.
La prima chiamata è alla vita. Il Dio misericordioso e onnipotente chiama le stelle per nome: esse rispondono “Eccoci!”, e brillano di gioia per il loro Creatore (cfr Bar 3,34s). Il Signore, la cui misericordia si stende di generazione in generazione, ha creato quest’universo senza confini, ma il giorno più bello di tutti creò le mamme, i babbi e i bambini. Da quello sconfinato “magazzino” degli esseri possibili, il Signore ha avuto misericordia del nostro nulla e ci ha tratti fuori dal buio del non-essere per chiamarci alla luce dell’essere. Perciò io non sono padre del mio io: ma questa non è la mia condanna. E’ semmai la mia più grande fortuna, altrimenti sarei costretto a farmi e a rifarmi in continuazione, a guarirmi da solo, a programmarmi la vita. Al contrario, Dio c’è, ma non sono io: posso abbandonarmi. Ecco la bellezza dell’avventura cristiana: “Io sono Tu che mi fai” (don Giussani).
Ma fin dai primi giorni dopo la nascita, il piccolo Tonino è stato chiamato alla vita nuova: “Antonio, io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. E poi è stato chiamato a ricevere lo Spirito Santo nella cresima: “Antonio, io ti segno con il segno della croce e ti confermo con il crisma della salvezza”. E poi ancora a ricevere l’eucaristia: “Il corpo del Signore nostro Gesù Cristo custodisca la tua anima per la vita eterna”. Ma fin da piccolo Tonino ha percepito la bellezza della chiamata al sacerdozio: “Tonino, vieni e seguimi”. E ancora una volta Tonino ha detto sì, con lo slancio e la beata “incoscienza” dei buoni ragazzi. Arriviamo così al 22 giugno 1969, data dell’ordinazione sacerdotale. Dopo un breve periodo come cappellano a Misano Mare, dal 1970 al ’76 il giovane don Tonino è vice-rettore in seminario. Quindi arriva il primo incarico come parroco, al Crocifisso in Rimini, dove rimane fino al 1993.
2. Qui abbiamo un’altra litania di “Eccomi, Signore!”, di cui conserviamo documentazione scritta. In data 8 aprile 1993 don Tonino scrive al Vescovo una lettera brevissima: “Ecc.za Rev.ma, le ripresento la richiesta di una mia sostituzione nella parrocchia di s. Andrea-Ausa. Le offro la mia disponibilità per la missione in Albania. Auguri di santa Pasqua”. Dopo Pasqua gli arriva la risposta di Mons. De Nicolò:
“Carissimo Don Tonino, accolgo il tuo desiderio di rinunciare alla parrocchia di s. Andrea dell’Ausa. Lo interpreto come disponibilità anche personale a far emergere, in modo sempre più significativo, il volto missionario della Chiesa. Ti sono pertanto molto grato non solo per il molto bene che hai fatto negli anni del tuo ministero a s. Andrea dell’Ausa, ma anche per questa disponibilità, che è di gran buon esempio per tutto il presbiterio diocesano. Al Crocifisso hai lavorato molto bene: lasci una parrocchia fiorente, per validi collaboratori laici, feconde attività pastorali, adeguate strutture materiali. Hai tracciato un segno duraturo, un solco nel quale altri potrà proficuamente continuare il lavoro. (…). Confido molto nella tua ricchezza interiore che alimenta il tuo agire sacerdotale. Ti abbraccio e di cuore ti accompagno con la mia benedizione”.
Nove anni dopo, il 25 marzo 2002, con un’altra lettera brevissima, don Tonino offre al vescovo Mariano un nuovo “Eccomi!”:
“Ecc.za Rev.ma, con il primo giugno c.a. si compiono nove anni della mia presenza nella parrocchia di Gesù Redentore in Riccione, con l’ufficio di parroco. In conformità allo spirito degli ordinamenti diocesani, rimetto nelle sue mani l’ufficio ricevuto. Ringrazio per la fiducia accordatami, rinnovo la mia disponibilità a servire la Chiesa dove sia più utile la mia presenza, e colgo l’occasione per porgerLe gli auguri di una santa Pasqua”.
Ed ecco la risposta del vescovo Mariano:
Carissimo don Tonino, ho ricevuto il tuo biglietto, nel quale rimetti l’ufficio di Parroco di Gesù Redentore, essendo trascorsi nove anni della tua nomina in tale parrocchia. Quando tu sei stato nominato parroco di Gesù Redentore non vigeva ancora nella nostra diocesi la norma della nomina ad novem annos. Ho pertanto molto apprezzato, e a maggior motivo, il tuo gesto e l’esempio di disponibilità che esso offre; d’altronde conosco il tuo stile, del quale hai già dato testimonianza quando hai lasciato la parrocchia di s. Andrea dell’Ausa. Al momento tengo presente la tua disponibilità. Più avanti potrò sciogliere questa riserva, quando il quadro complessivo delle necessità e delle proposte sarà più definito. Ti ringrazio per il buon lavoro che porti avanti come parroco, come vicario foraneo e come delegato per il Diaconato permanente (…)”.
3. Dopo aver sgranato i misteri gaudiosi del pellegrinaggio di don Tonino, arriviamo a quelli dolorosi. Il 15 marzo scorso, V.a domenica di Quaresima e I.a di Passione, mi arriva una telefonata allarmante del Vicario generale: “A don Tonino sono stati diagnosticati ben tre tumori: al fegato, al pancreas e ai polmoni, e non è operabile. Non ci resta che pregare e tribolare”. Più tardi riesco a raggiungere don Tonino per telefono, ma con mia grande sorpresa è, come al solito, sereno. Mi conferma la notizia e conclude. “Sarà quel che il Signore vorrà”. Il primo aprile, al termine della messa crismale, viene a salutarmi con il suo sorriso schietto e solare, come sempre. La sera, nella cappellina, scrivo sul diario: “Signore, donaci fede e salute, e quando ci togli la salute, donaci più fede”. Qualche giorno dopo per telefono mi chiede di ricevere, insieme ad alcuni malati della parrocchia, l’unzione degli infermi, cosa che sarebbe poi avvenuta la sera della domenica in albis. Approfitto per dirgli che diversi confratelli mi suggeriscono di chiedere la grazia della sua guarigione, affidandola all’intercessione di don Oreste. Mi risponde con le parole che ho fatto riportare nel suo ricordino:
“Mi suggerite di chiedere con voi tutti la grazia della mia guarigione al Signore, per la preghiera di don Oreste: è stato il mio padre spirituale in seminario e l’ho sempre considerato come un prete santo. Perciò vi ringrazio e condivido. Ma a due condizioni: la prima, se don Oreste ha qualche ‘buona carta’ da giocarsi – come certamente avrà – che se la giochi per qualche altro che ne ha più bisogno di me. La seconda, comunque il Signore continui a donarmi la pace di fare la sua volontà, fino alla fine”.
E così è stato, ma con la sorpresa di un supplemento di gioia: in tutta la sua malattia don Tonino nessuno l’ha mai visto triste, anzi ha conservato fino all’ultimo il suo sorriso buono e dolce.
E arriviamo agli ultimi misteri dolorosi, quelli della settimana santa di don Tonino. Lunedì 10 agosto, memoria di san Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma, difensore e amico dei poveri. “San Lorenzo, chicco di grano buono, cotto al fuoco del dolore, vieni a prendere don Tonino, grande amico e formatore dei nostri diaconi”. Ma non era ancora giunta la sua ora. Martedì 11 agosto, memoria di santa Chiara. “Chiara di Dio, umile pianticella di Francesco, diacono della Chiesa di Assisi, pecorella dolce e mite del buon Pastore, vieni tu a prendere don Tonino, servo povero e buono di Gesù, il grande pastore del gregge di Dio”. Ma non era ancora giunta la sua ora. Mercoledì 12 agosto, la liturgia riporta il racconto della morte di Mosè. “Mosè, servo di Israele, tu che hai visto la terra promessa da lontano, vieni tu a prendere don Tonino. Fagli passare il mare della morte e portalo nella terra santa, “che solo amore e luce ha per confine”. Ma non era ancora giunta la sua ora. Giovedì 13 agosto, memoria della beata Elisabetta Renzi, figlia della nostra terra. “Beata Elisabetta, Madre delle Maestre Pie dell’Addolorata, tocca a te: vieni tu a dare un passaggio a don Tonino verso la sponda della patria beata”. Ma non era ancora giunta la sua ora. Venerdì 14 agosto, memoria di san Massimiliano Kolbe. “San Massimiliano, tu che ti sei offerto al posto di un povero padre di famiglia, vieni tu a prendere don Tonino – che si è tirato indietro nella fila di quanti si rivolgono alla preghiera di don Oreste – e lui ha fatto questa scelta per far posto a qualche altro che ha più bisogno”. Neanche stavolta era ancora giunta la sua ora. Alla sera di quel “venerdì santo” di don Tonino, ormai ai primi vespri dell’Assunta, passo a visitarlo: è in agonia; vedo che l’immagine di Gesù in croce gli si è stampata perfino in faccia. In un istante si sveglia, mi guarda e mi sembra che mi riconosca. Muove appena le dita di una mano, come per un ultimo saluto. Andando a casa, mi porto in cuore una certezza: ormai solo Maria ha il diritto di svegliarlo e lo farà proprio nel giorno della sua festa. E proprio così avviene: alle 2,45 della notte santa Maria è venuta, ma non da sola. E’ venuta con san Lorenzo, santa Chiara, con il santo Mosè, la beata Elisabetta e san Massimiliano Kolbe. Ma ne sono sicuro: c’era anche Alberto Marvelli, e chiudeva la fila don Oreste, il quale deve essere stato molto lieto per la grazia fatta a don Tonino: non quella della salute terrena, ma la gioia della salvezza eterna, con l’anticipo di quel sorriso, rimasto luminoso fino all’ultimo. Più grazia di così…
3. Ma adesso tocca a noi dire grazie a don Tonino. Sì, lo so: il grazie è al Signore per averci dato don Tonino. Ma so che Gesù non si offende, se ora mi viene di rivolgermi direttamente a don Tonino.
Caro Don, grazie da parte mia, perché non mi hai mai fatto pesare i miei limiti; perché non mi hai mai fatto temere per la fedeltà al dono del tuo ministero; perché non mi hai mai fatto pesare i tuoi problemi, neanche i gravi problemi della tua salute.
Grazie da parte del presbiterio tutto. Perché ci hai testimoniato che anche i preti sanno morire da cristiani, se amano Gesù. Grazie perché ci hai testimoniato ciò che è essenziale nel nostro ministero: stare con Gesù, anzi dimorare in lui, altrimenti facciamo i padroni della fede altrui, anziché essere i collaboratori della loro gioia. Scusaci se qualche volta abbiamo criticato alcune tue rigidità, limitandoci a vedere solo le righe storte – come se non ce ne avessimo anche noi – senza leggere le parole dritte che il Signore stava scrivendo nel tuo ministero.
Grazie da parte dei diaconi permanenti, che hanno trovato in te una guida sicura, forte e mite, aiutandoli ad essere membra vive di un organismo vivo, quello della Chiesa, e non una organizzazione speciale o una corporazione appartata.
Grazie da parte dei tuoi familiari, da cui ti sei fatto volere bene e ai quali hai fatto tanto bene con la tua parola, con l’affetto e con l’esempio di una bella vita cristiana.
Grazie da parte delle comunità che hai servito, in particolare quelle del Crocifisso, dell’Alba e in modo specialissimo, questa di Bellaria mare.
Ora riposa in pace, ma poi svegliati presto e mettiti subito in movimento. Chiedi al buon Pastore il permesso di venire a passare il tuo cielo qui sulla terra, in mezzo a noi, fino a quando anche solo l’ultimo dei confratelli, dei diaconi, dei tuoi familiari, dei cristiani che hai amato e servito, non sarà stato tratto in salvo e traghettato in patria.
Ora permettimi un ultimo saluto. Quando ti incontravo e ti chiedevo come stavi, tu rispondevi immancabilmente: “Da Dio!”. Ora è giunta la tua ora, e tu ora stai veramente da Dio. Allora lascia che io, a nome di tutti, ti saluti così, semplicemente: “A Dio, don Tonino!”.
Bellaria – Chiesa del Sacro Cuore – 17 agosto 2015
+ Francesco Lambiasi