Omelia tenuta dal Vescovo nella Veglia Pasquale
La Pasqua non si ricorda: si rivive. Non si celebra a modo di anniversario, ma “a modo di mistero” (s. Agostino). Sorelle e fratelli, noi non siamo qui questa notte per dar vita a una nostalgica rievocazione, o a una commemorazione sia pure toccante e commovente, ma per celebrare la divina liturgia. Non per assistere a una sacra rappresentazione, ma per partecipare a una “sacra azione”. Quale? Questa: venire battezzati nella morte di Cristo! Abbiamo ascoltato l’apostolo Paolo: “Vi siete dimenticati che il nostro battesimo unendoci a Cristo ci ha uniti alla sua morte? Per mezzo del battesimo che ci ha uniti alla sua morte, siamo dunque stati sepolti con lui, affinché, come Cristo è risuscitato dai morti mediante la potenza gloriosa del Padre, così anche noi vivessimo una vita nuova” (Rm 6,3-4 – Trad. Interconf.).
1. Viene spontaneo domandarsi: ma tutto questo non è già avvenuto per noi il giorno del nostro battesimo? Dobbiamo rispondere subito: sì e no. Certo, quel giorno noi siamo stati associati in eterno alla morte di Cristo. Pertanto il nostro battesimo è già avvenuto, eppure deve ancora avvenire. In che senso? Nel senso che, se essere battezzati significa essere “sepolti insieme con Cristo nella morte”, il battesimo, che abbiamo ricevuto da piccoli, merita di essere ripreso e completato. Infatti è certamente più che legittimo battezzare i bambini e ricevere il battesimo da bambini. Ma il paradigma del battesimo è quello degli adulti. Ora agli adulti che cosa si richiede per essere battezzati? la fede personale. Lo ha detto Gesù risorto ai suoi apostoli: “Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo” (Mc 16,16).
Pertanto, per essere salvati, occorrono due elementi: la fede e il battesimo, ma la fede deve precedere il battesimo. Di quale fede si tratta? della fede-conversione. Come Gesù diceva nella sua predicazione itinerante: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15). Come ha richiesto anche Pietro il giorno della Pentecoste, quando, uscendo dal cenacolo, ha risposto così alla gente di Gerusalemme, radunata in quei giorni nella città santa e proveniente da ogni parte del mondo allora conosciuto. Quella folla di circa tremila persone gli domandava: “Cosa dobbiamo fare?”. Pietro ha risposto con parole alte e nette: “Convertitevi, e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo” (At 2,38).
Questa era la prassi normale della Chiesa antica: si arrivava al battesimo attraverso un lungo, intenso processo di conversione che coinvolgeva tutta la vita. La rottura con il passato e l’inizio di una vita nuova erano resi visibili dal simbolismo del rito. Il catecumeno si spogliava delle sue vesti e si calava nella vasca battesimale: veniva immerso sottacqua e, di colpo, per un istante veniva a trovarsi senza luce, senza aria, nascosto al mondo e come scomparso, morto. Quindi, poco dopo, riemergeva alla luce del mondo. Ma per lui non erano più la luce e il mondo di prima: era risorto alla nuova vita; era rinato “dall’acqua e dallo Spirito”.
2. Ma – continuiamo ancora a punteggiare la nostra riflessione, ad “andatura catechetica”, con la trafila di altre domande – è possibile ripetere, nell’attuale situazione, l’esperienza, così forte e singolare, di un sacramento che di per sé è unico e irripetibile? Dobbiamo forse riesumare un passato che, come tale, è morto e sepolto? No, perché quel passato è tuttora attuale e vivace, grazie allo Spirito Santo, il fuoco sempre acceso della Pasqua-Pentecoste, quello Spirito di cui Gesù ha detto che “resterà con noi per sempre” (cfr Gv 14,16). E’ appunto questo Spirito che ci rende contemporanei alla Pasqua di morte e risurrezione di Gesù. E’ per lo Spirito del Crocifisso-Risorto che noi possiamo confessare: Oggi Cristo muore, oggi risorge. E ognuno di noi può testimoniare: Oggi io muoio con lui, e con lui io oggi risorgo. Riascoltiamo san Paolo: Cristo “morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rm 6,10-11). Ecco allora cosa significa credere: significa convertirsi, e convertirsi significa morire al peccato e vivere per Dio. Così è possibile partecipare “dal vivo” alla morte e alla risurrezione di Gesù. Se partecipare vuol dire “prendere parte”, noi prendiamo parte alla Pasqua di Gesù facendo la nostra parte, come Dio fa la sua: lui ci rigenera a vita nuova, facendoci risorgere alla vita dell’uomo nuovo. Noi facciamo la nostra parte facendo morire l’uomo vecchio che si è comodamente insediato nel nostro cuore, l’uomo della menzogna ingannatrice e del peccato, l’uomo del nostro egoismo rapace e violento, con tutti i folli sbandamenti e i tristi ripiegamenti delle nostre fragilità.
3. Tra poco verranno battezzati nell’acqua e nello Spirito sedici catecumeni, e, con loro, verranno cresimati anche altri tre già battezzati. Queste sorelle e questi fratelli verranno così pienamente inseriti come membra vive nella grande famiglia della nostra Chiesa diocesana e, immediatamente, nella Chiesa universale. Permettetemi, carissimi tutti, di rivolgermi ora direttamente a voi.
Beati voi, se non vi pentirete mai del dono imparagonabile della nuova vita che in questa santa notte viene seminato nel vostro cuore e che, con la grazia di Dio, fiorirà e porterà frutti in abbondanza.
Beati voi, se non vivrete più da orfani, da schiavi e mercenari, ma da figli tenacemente e teneramente amati dal Padre, e da veri fratelli con quanti incroceranno i vostri cammini.
Beati voi, se saprete riconoscere Gesù crocifisso nei tantissimi poveri crocifissi che vivono attorno a voi, e da voi si attendono una parola di misericordia, un gesto di tenerezza, una mano per guadagnare il traguardo della giustizia e della fraternità.
Beati voi, se neanche nelle prove più dure della vita farete mai un faccia da funerale, ma saprete contagiare pace, serenità, coraggio, perché chi semina gioia oggi raccoglierà felicità domani.
Beati voi, se sarete fedeli all’amicizia di Gesù e non vi vergognerete mai di essere figli della Chiesa. Quando vi sarà data la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui, rallegratevi e fate festa.
E che la vostra festa non abbia mai fine!
Rimini, Basilica Cattedrale, 4 aprile 2015
+ Francesco Lambiasi