Cari amici,
anche quest’anno vorrei essere accanto a voi nel momento in cui, con la ripresa delle lezioni scolastiche, la vostra mente e le vostre giornate tornano a riempirsi di impegni, di persone, di pensieri, di desideri. Alcuni nuovi, sorprendenti e impensati, altri forse da tanto tempo presenti dentro di voi, con il loro carico di timori e speranze. A suo modo, ogni inizio di un nuovo tratto di vita, come è un anno scolastico, rappresenta una sfida, una pagina bianca che può incutere un senso di incertezza ma anche la voglia di riempirla del meglio di noi, come un diario di immagini e di parole preziose.
Il nostro dialogo, di cui vi sono grato, ha in questo appuntamento annuale un momento di cui non saprei fare a meno, ma si nutre anche di molte altre occasioni, spesso fortuite e informali. Estratte dalla normalità di storie che si intrecciano e si donano qualcosa a vicenda. Così vi vedo quando semplicemente cammino per strada o visito qualche parrocchia, quando i vostri genitori ed educatori mi parlano di voi. È successo anche quest’estate e anche allora – vi confesso – ho prima di tutto ringraziato il Signore per il dono della vostra giovinezza, della vostra esigente voglia di bellezza, di autenticità.
In tutte queste occasioni ho subito pensato a una frase che papa Francesco non si stanca di ripetere in varie occasioni e sempre quando incontra i più giovani. L’ha fatto anche durante la Gmg di Rio de Janeiro, qualche settimana fa, abbracciato da una moltitudine immensa di ragazzi giunti da tutto il mondo. A loro, a voi giovani, ha ripetuto il suo accorato invito: “Non lasciatevi rubare la speranza!”.
Vorrei dirvelo anch’io, mentre varcate di nuovo la soglia delle nostre scuole; vorrei chiedervelo con la stessa intensità e premura del Papa. Con la stessa fiducia e rispetto della vostra libertà. Non lasciarsi rubare la speranza significa certamente non rinunciare a seguire i sogni più grandi, i progetti più intimi e a voi cari, quelli che pochissimi conoscono, e che prendono forma quasi ogni giorno, secondo ciò che vi accade dentro e accanto. Ma vuol dire anche che occorre lavorare per questo, affrontare fatiche e incomprensioni, insuccessi e ostacoli. Saper accogliere l’aiuto degli altri e magari anche cambiare qualche idea, abitudine, frequentazione. Se c’è il rischio che qualcuno vi depredi di un simile tesoro interiore, è segno che non tutto è bene, che occorre fare delle scelte, scavare in profondità, dare credito a chi mostra di meritarlo davvero. Tutte cose che, fra i tanti luoghi che frequentate, interessano anche la scuola, lo studio, il rapporto con gli insegnanti e i compagni. Non è forse lì che tante speranze sul futuro, su una vita buona, sull’amore, nascono e s’infrangono, si condividono e si rafforzano?
“Non lasciatevi rubare la speranza!”. Fatelo per voi stessi, ma anche per noi adulti, per noi preti ed educatori, che talvolta cediamo alla rassegnazione o al conformismo, svendendo le nostre responsabilità per gratificazioni effimere o mentendo a noi stessi. E fatelo – ve lo dico col cuore – insieme alla persona di Gesù, accogliendolo e conoscendolo nell’esperienza della Chiesa, che prende molto sul serio le vostre speranze, grandi e piccole.
Incontrando degli studenti come voi, nel giugno scorso, papa Francesco rispondeva alla domanda di un giovane con una sottolineatura particolare: “Non lasciatevi rubare la speranza dal benessere, dallo spirito del benessere che, alla fine, ti porta a diventare un niente nella vita! Il giovane deve scommettere su alti ideali: questo è il consiglio. Ma la speranza, dove la trovo? Nella carne di Gesù sofferente e nella vera povertà. C’è un collegamento tra i due”.
È una risposta impegnativa quella di papa Francesco; una risposta che non chiude il discorso ma fa sorgere il bisogno di approfondire ancora, di non stare a guardare ma rischiare qualcosa, magari non da soli ma insieme. Facciamo di queste parole – io e voi – lo spunto per continuare il nostro dialogo e una luce anche per il cammino scolastico dei prossimi mesi, insieme a quanto i vostri educatori vi proporranno per nutrire l’intelligenza e la fede. E attingere alla vostra gioia e alla vostra speranza.
Vi abbraccio di cuore
Rimini, 6 settembre 2013
+ Francesco Lambiasi