Intervento del Vescovo al Centro Universitario Diocesano
Definire in modo sintetico una realtà complessa qual è la nostra società contemporanea, sotto il profilo culturale, risulta piuttosto rischioso – non si può ingoiare l’acqua di un lago in un solo sorso! – ma forse, con beneficio di verifica, ci si potrebbe servire di questo passaggio-lampo di Paul Ricoeur, che descriveva il nostro post-moderno come il tempo della “entropia dei fini e della ipertrofia dei mezzi”. Se si volesse adattare questa definizione alla situazione dell’università italiana, probabilmente si dovrebbe cambiare “ipertrofia” in “ipotrofia”, e ne risulterebbe il quadro impietoso di una situazione oggettivamente critica.
In questa riflessione non vorrei però attardarmi su analisi e diagnosi circa mali e piaghe dell’università. Non pretendo neanche di offrire delle “ricette” miracolose. Vorrei piuttosto proporre dei pensieri che potrebbero aiutare a progettare insieme alcune strade praticabili per uscire da una situazione che appare bloccata e muovere qualche passo in avanti, verso un futuro meno incerto, più positivo e fecondo.
1. Premetto alcune considerazioni di carattere generale. Dal dibattito in corso sulla università italiana emerge la convinzione diffusa che nel nostro Paese si è perso il senso alto di una formazione culturale, professionale e umana che tradizionalmente veniva riconosciuta all’esperienza universitaria. Senza idealizzare il passato, non si può fare a meno di riconoscere che per tanti docenti, come pure per tanti studenti in passato, il percorso di formazione universitaria era rappresentato da una vera e propria appartenenza ad una comunità accademica dove si aveva la consapevolezza del valore della proposta formativa che veniva vissuta in università.
Nella tradizione culturale del nostro Paese l’ambito universitario è stato spesso un contesto di dialogo vivace, ma per lo più corretto e rispettoso tra le varie posizioni in campo: soprattutto tra il mondo cattolico ed il mondo cosiddetto laico. L’università ha rappresentato spesso un ponte ed un fecondo punto d’incontro, riconoscendo ad ognuno degli interlocutori grande serietà e una forte passione nell’impegno dello studio e della ricerca.
Nei nostri giorni, invece, il termine università viene spesso associato a vocaboli dispregiativi, come “esamificio” o “stipendificio”, svilendo pesantemente ogni profonda istanza formativa. A volte pare sia venuta meno la dimensione umana dell’università, facendo prevalere logiche di efficientismo, di competizione posizionale, di autoaffermazione anche a scapito degli altri.
Purtroppo la sensazione suscitata dalle espressioni “esamificio” o “stipendificio” non sembra molto lontana dalla realtà. Molti studenti vivono l’esperienza universitaria in modo funzionale, badando prevalentemente ad accumulare crediti ed esami. I docenti, poco riconosciuti nel loro ruolo sociale, devono barcamenarsi tra mille istanze, non ultima la preoccupazione della possibilità di conferma del loro ruolo di docenza, basato su una logica molto competitiva.
Vorrei inoltre richiamare alla memoria la notevole tradizione di dialogo culturale nell’università italiana, a fronte di un tempo, il nostro, in cui la politica sembra sempre più autocondannarsi fatalmente a “teatro” di conflitti e di esasperate contrapposizioni. Tornano alla mente i politici che hanno fatto la storia dell’Italia democratica: essi provenivano e hanno vissuto intensamente la realtà dell’università. Penso ai vari Fanfani, Moro, La Pira, ma anche Lazzati, Dossetti, Bobbio, Bachelet e molti altri, sempre attenti alla formazione e al dialogo con le giovani generazioni. Se oggi alla politica manca questa dimensione, non è questa una ragione in più per promuoverla all’interno dei nostri atenei?
2. Per quanto riguarda la nostra situazione locale, dopo più di 15 anni dalla nascita del polo universitario, a fronte di un progressivo aumento di studenti che si iscrivono ai corsi di Laurea o alle Lauree magistrali, non sembrano sostanzialmente risolte alcune difficoltà rilevate anche in passato.
La questione più rilevante attiene al rapporto tra Università e Città. Di fatto, nonostante i proclami e le dichiarazioni di intenti, le due realtà vivono due universi paralleli che si incrociano prevalentemente in una prospettiva funzionale o utilitaristica.
Senza dimenticare quanto le istituzioni locali – civili, economiche, culturali ed ecclesiali – hanno lodevolmente fatto per “aprire” l’Università, oggi la città di Rimini ignora alquanto la realtà dell’Università, ad eccezione del notevole impegno degli enti pubblici locali e di quella piccola ma fondamentale realtà coinvolta a livello imprenditoriale e finanziario tramite la società consortile Uni.Rimini S.p.a. Vi è poi ben altra realtà che si è coinvolta nel concedere servizi agli studenti (soprattutto alloggi), non rifuggendo però da quella logica speculativa – come ampiamente testimoniato anche dalla stampa locale negli ultimi giorni – che sta dilagando sempre più, come effetto anche della crisi economica e finanziaria che ha visto vanificate altre fonti di investimento. L’Università non viene interpretata e vissuta dalla nostra Città come preziosa risorsa di crescita culturale ed educativa che potrebbe fare di Rimini un centro internazionale di ricerca e di studio, ad esempio, sull’economia del turismo e dell’arte, e in quanto tale una realtà su cui investire fortemente per il suo futuro. Da parte della nostra Università, d’altro canto, sembra persistere una certa difficoltà nell’interfacciare ed interessare la realtà culturale, sociale, economica e politica riminese, costituendo piuttosto raramente – almeno nella coscienza diffusa – una realtà interessante e propositiva sul piano culturale, educativo e formativo in genere. Due mondi che continuano a percorrere due corsie parallele.
Eppure, a fronte di una diffusa difficoltà che coinvolge vari atenei e sedi universitarie, la realtà di Rimini, secondo i dati offerti alla stampa negli ultimi giorni, è in crescita, pur offrendo un numero limitato di CdL e, a tutt’oggi, vedendo ancora abbastanza limitata la presenza strutturale dell’Università con una sola Facoltà e nessun dipartimento. Viene da chiedersi: perché i giovani si iscrivono a Rimini? Cosa cercano e cosa trovano nella nostra Città che li porta a sceglierla come luogo per la loro formazione universitaria? Dal contatto diretto con tanti studenti, sembra si debba desumere che spesso, al di là dell’offerta formativa, nella scelta di Rimini prevalga piuttosto l’immagine mediatica che riconosce a questa città il titolo di capitale del turismo, e di “divertimentificio” – brutta parola, ma soprattutto brutta realtà! – nell’opinione pubblica nazionale e internazionale.
Non possiamo non porci la questione educativa di fronte a queste migliaia di giovani che arrivano nella nostra città. Come la realtà civile, ecclesiale e l’Università stessa si pongono di fronte a questo problema? Come ci sentiamo corresponsabili nel far sì che la nostra Città possa offrire delle proposte attraenti e significative sul piano educativo e formativo? Possiamo costruire insieme un progetto educativo alto, aperto e condivisibile?
Una condizione essenziale perché l’Università divenga interlocutrice autorevole con la realtà riminese è che si consolidi la presenza dei docenti nella nostra realtà. Non si può sperare che questo avvenga se la maggior parte dei docenti vivono la loro presenza a Rimini in modo fugace e senza abitare la città. Potremmo dire che l’Università deve maggiormente “prendere casa” a Rimini e non considerarla prevalentemente come un luogo di lavoro. Secondo la relazione di presentazione del piano triennale 2008-2010 del presidente di UNI.Rimini, i docenti incardinati a Rimini, pur essendo cresciuti notevolmente – erano 122 nel 2008 – sono ancora una esigua minoranza. Per alcuni CdL si parla di un docente incardinato ogni 112-165 studenti; ben sapendo che l’incardinazione molto raramente coincide con la residenza e con una permanenza prolungata in sede.
3. Come è stato più volte riconosciuto nel corso di questi diciassette anni dalla nascita del polo universitario riminese, la nostra comunità ecclesiale ha sempre prestato grande attenzione alla presenza dell’Università a Rimini, riconoscendo il suo valore oggettivo e il suo notevole “potenziale” in vista di uno sviluppo culturale, formativo, sociale ed economico della nostra Città. In questo spirito che ci ha visto più volte come protagonisti, desidero porre alla cortese attenzione delle diverse componenti accademiche, politiche ed ecclesiali alcune domande e qualche proposta che ho recepito dalla nostra Commissione diocesana per la Pastorale universitaria.
Alla Città oso chiedere di prendere consapevolezza dell’importanza che riveste la presenza dell’Università a Rimini, non considerandola prevalentemente come una possibilità di guadagno e di speculazione a breve termine, ma come una realtà portatrice di valori e fondamentale per la sua crescita futura nel medio/lungo termine.
La nostra è la città dell’ospitalità e dell’accoglienza. Pertanto anche verso la sua università deve farsi più accogliente, nei confronti degli studenti sia italiani che stranieri, non facendoli sentire degli estranei, ma piuttosto dei benvenuti che vengono accolti con uno stile famigliare. In questo ambito bisogna porre una maggiore attenzione ai “fuori-sede”, che sono molti e chiedono un’ospitalità che vada oltre il semplice diritto allo studio e i più elementari servizi. Pensiamo, ad esempio, a opportunità di inserimento in una parrocchia, in gruppi culturali o di volontariato. Ma penso anche all’accoglienza dei poveri e degli ultimi, creando eventualmente una sinergia tra le tante esperienze di volontariato della città e l’istituzione universitaria. A tal proposito, il professor Canevaro lo scorso anno aveva lanciato l’idea di una “università della marginalità”, ossia corsi universitari per operatori in ambito sociale in cui siano “i poveri” a salire in cattedra: mi sembra che il progetto meriti di essere preso in seria considerazione.
La nostra è la Città del turismo: pertanto occorre insistere sulla necessità di una collaborazione continuata fra Università e operatori turistici. Mi risulta che proprio la scorsa settimana in università c’è stata una conferenza internazionale su “alta formazione nel settore turistico”. E’ indispensabile formare figure professionali che poi possano facilmente inserirsi nel mondo del lavoro direttamente a Rimini, rispondendo efficacemente alle esigenze del territorio.
4. Alle Autorità cittadine dobbiamo chiedere di stigmatizzare quei comportamenti immorali e illegali che nascono dalla cultura della speculazione, dell’evasione fiscale e del guadagno disonesto: mi riferisco in particolare al problema della gestione degli alloggi dati in locazione agli studenti, problema più volte denunciato sulla stampa degli ultimi giorni. Domando pure di investire in modo più progettuale ed efficace nella creazione di servizi alla persona e allo studente, per rendere più agevole e gradevole la vita universitaria a Rimini. Presento inoltre l’esigenza di sostenere presso l’università di Bologna le istanze di crescita della sede riminese, garantendole un percorso di sviluppo ampio e fecondo. Infine incoraggio a valorizzare i percorsi formativi e le professionalità che derivano dai percorsi universitari e dalle proposte formative dei docenti, collaborando in modo più serio alla loro formazione ed entrata nel mondo del lavoro attraverso la disponibilità ai progetti di tirocinio e all’inserimento lavorativo dei neo-laureati.
All’Università offro la collaborazione della nostra Chiesa e domando di “prendere casa” stabilmente nella nostra città e nella nostra realtà; di diventare sempre di più interlocutore profondo e stimolante della realtà culturale, formativa, sociale, economica e politica presente a Rimini; di porsi come soggetto educativo accanto ad altri, presenti sul territorio, facendosi carico dell’istanza educativa della persona e non solo dell’offerta di corsi e titoli di studio, crediti ed esami; di diventare una vera “comunità accademica” dove, nonostante le difficoltà, si propone sia a studenti che docenti di vivere con serietà ed impegno lo studio e la ricerca, proponendo una spiritualità dello studio, un gusto e una predisposizione per il lavoro intellettuale inteso in senso alto, per la ricerca e la costruzione di nuovo sapere umanistico e scientifico; di essere luogo di relazioni autentiche e non funzionali e “speculative”, dove la persona venga accolta, accompagnata e sostenuta nel suo percorso umano, culturale e formativo.
5. A tal fine, la nostra Chiesa riminese si impegnerà a continuare e a rafforzare ancora di più l’impegno profuso per l’accoglienza e la valorizzazione dell’Università a Rimini; ad adoperarsi affinché le varie realtà ecclesiali che operano all’interno dell’Università possano diventare dei modelli di riferimento ispiratori al fine di costituire anche in Università delle comunità accademiche formative; a richiamare le varie componenti della comunità ecclesiale ad essere testimoni di un’accoglienza umana ed evangelica anche nei confronti degli studenti presenti a Rimini; a farsi a sua volta interlocutrice della realtà universitaria e civile per promuovere e portare all’attenzione pubblica le questioni di carattere educativo, formativo e culturale; a continuare l’impegno già indicato nei documenti ecclesiali sul problema della casa a Rimini, nel richiamare il rispetto delle persone, della legalità e della giustizia.
In particolare: riguardo alle collaborazioni sul piano accademico, indichiamo l’ISSR – Marvelli come interlocutore privilegiato con la realtà dell’Università; auspichiamo che possano essere riattivate quelle esperienze di sinergia che sono risultate così significative nel recente passato (esperienza del convegno del 2000 sul “Turismo autenticamente umano”, in occasione del Giubileo dei Docenti Universitari; esperienza del Master in “Economia ed Etica del Turismo”, organizzato congiuntamente dalla Facoltà di Economia di Rimini e dall’ISSR Marvelli di Rimini). Faccio anche presente che all’ISSR dal prossimo anno accademico saranno proposte due Lauree magistrali: quali proficue sinergie si potranno creare con il Polo Universitario di Rimini?
Sentiamo di doverci spendere maggiormente affinché si crei a Rimini una comunità docente significativa. A tal fine chiediamo all’ISSR e al CUD di elaborare in tempi brevi alcune proposte significative che possano essere punto di riferimento per i docenti di queste due realtà universitarie presenti in città.
Riguardo alla questione educativa desideriamo portare l’attenzione sulla realtà costituita dagli studentati universitari già presenti a Rimini, in particolare al Residence S. Chiara che proprio negli ultimi mesi ha elaborato e varato un interessante progetto formativo sotto la supervisione del prof. Pier Paolo Triani, pedagogista dell’Università Cattolica di Piacenza. Ci sembra che possa essere un modello interessante che potrebbe ispirare anche altri interventi, quali per esempio quelli legati alla prossima apertura di uno studentato universitario nell’ex Palace Hotel.
Riguardo al problema della gestione degli affitti, problema scottante e in parte anche scandaloso, che coinvolge chi viene a Rimini e si trova ad essere vittima di logiche puramente speculative, vorremmo richiamare l’esperienza della Cooperativa sociale Diapason la quale, fin dalla sua nascita, si è voluta far carico dei servizi da offrire agli studenti. Essa, oltre a gestire alcuni servizi quali una mensa, un’aula studio, una copisteria, un residence, offre anche la possibilità di gestire la locazione di alloggi a favore degli studenti per conto di soggetti privati. contribuendo anche a far crescere un’attenzione educativa. Questa esperienza merita di essere apprezzata e concretamente sostenuta.
E’ viva preoccupazione della comunità ecclesiale riminese, in tutte le sue componenti, aprirsi all’accoglienza dei giovani studenti e favorire il più possibile i percorsi formativi ecclesiali già avviati nelle località di origine; a tal fine il Centro Universitario Diocesano e la Commissione diocesana di pastorale universitaria hanno redatto una piccola brochure che vuole aiutare i giovani in arrivo a Rimini ad orientarsi nella vita ecclesiale della nostra Città, Oltre ai servizi e alle proposte del CUD vi sono indicati i riferimenti per le varie esperienze associative ed aggregative ecclesiali presenti a Rimini per permettere agli studenti fuori sede di prendere contatto.
Auspichiamo in tal modo e attraverso altre iniziative di favorire l’integrazione tra gli studenti fuori sede e i giovani riminesi per aiutare a realizzare una permanenza a Rimini che non sia solamente all’insegna dello studio e dello svago, ma anche una crescita nell’esperienza umana e cristiana. Chiediamo a tale scopo un particolare impegno anche della FUCI, del CLU e dei gruppi di universitari cattolici presenti a Rimini.
Ringrazio per la cortese attenzione e rinnovo l’augurio di un crescente, positivo ed efficace sviluppo della nostra Università.
Rimini, 21 ottobre 2009
+Francesco Lambiasi