Lettera agli studenti
Cari amici,
alla ripresa dell’anno scolastico permettete che vi raggiunga con un breve pensiero di augurio e di fiducia per il cammino che vi attende.
No, non ho nessuna intenzione di rifilarvi il solito predicozzo di metà settembre, né mi illudo che la riforma della scuola possa ridursi alla solennità dei proclami ufficiali. Vorrei piuttosto confidarvi i pensieri che mi attraversano la mente quando vi vedo passare per strada, carichi dei vostri zaini e delle vostre speranze, in un groviglio di attese appassionanti e di serie preoccupazioni che è difficile nascondere tra brandelli di canzoni e squilli di cellulare.
La riapertura delle scuole è un rito che i media celebrano con sfoggio di statistiche e di problemi, zoomando sui mali endemici del sistema e sui ricordi-consigli di qualche celebrità televisiva. Resta il fatto che la scuola si va sempre più trasformando in un caotico supermarket, in cui ognuno va a cercare singoli “prodotti”, secondo i canoni della società consumistica, e i cui “commessi” – i docenti – non avrebbero se non il compito di dare istruzioni per l’uso degli strumenti, lasciando la questione del senso ai “clienti”, che sareste voi. Una scuola così non sarebbe solo una brutta scuola. Sarebbe fatalmente una scuola cattiva, perché vi costringerebbe a soffocare il desiderio di infinito che ogni “cucciolo” d’uomo e di donna si porta dentro. In ultima analisi, vi costringerebbe a rimandare l’appuntamento con voi stessi.
Per questo appuntamento è indispensabile una scuola che aiuti a recuperare il confronto con il “reale”, per smascherare i miti, i luoghi comuni, gli slogan imposti dalla cultura dominante sull’onda di mode effimere e alla fin fine deludenti. Ci è indispensabile una scuola che orienti a riscoprire nel passato e nel presente, nel mondo e nella vita i semi di verità e di senso presenti in essi.
“Fatti non foste a viver come bruti”, ci ricorda Dante. E per vivere da umani, abbiamo la necessità e, insieme, la possibilità di conoscere. Questo verbo in francese ha una impressionante parentela con il verbo nascere. E’ vero: conoscere è come un “venire alla luce” un’altra volta, è rinascere con un nuovo sguardo sulla vita, sul senso dell’amore, del lavoro e del dolore, della ricerca e della scoperta, della comunione e della gioia. Per questo ci servono degli insegnanti che… servano a “far nascere” di nuovo i propri alunni, ricollegandoli alla tradizione ed educandoli a riappropriarsene criticamente e vitalmente.
Un’altra illuminante metafora per lo studio è quella del cammino: non siamo dei vagabondi smemorati che non ricordano più da dove sono partiti e dove stanno andando. Abbiamo bisogno di scoprire la meta che ci attende, partendo dalla tradizione culturale e religiosa di cui siamo figli. Ci occorrono maestri che ci guidino e ci aiutino ad andare avanti. E non possiamo fare a meno di compagni con cui condividere l’attrattiva dei grandi orizzonti e la concretezza dei piccoli passi.
La scuola italiana ha urgenza di cambi strutturali significativi ed efficaci. Ma ha soprattutto estrema necessità di una rinnovata alleanza educativa tra insegnanti, studenti e famiglie. Leggi e regolamenti sono come lo spartito. La musica la suonano gli interpreti, coloro, cioè, che nella scuola vivono e lavorano quotidianamente.
E’ agli uni e agli altri che auguro di cuore: buon anno! buona strada!
Rimini, 15 settembre 2009
+ Francesco Lambiasi