Nello spirito di itineranza nella Diocesi che contraddistingue l’Ufficio Missionario, quest’anno la Memoria dei Missionari Martiri sarà presieduta dal Vicario Generale Don Maurizio Fabbri nella Parrocchia di San Michele Arcangelo a Morciano venerdì 24 marzo alle ore 21.
Il 24 marzo è la Giornata di Preghiera e Digiuno in Memoria dei Missionari Martiri. Ricorda Il 24 marzo 1980 quando, mentre celebrava l’Eucarestia, venne ucciso Monsignor Oscar A. Romero Vescovo di San Salvador.
È l’occasione per fare memoria di quanti, lungo i secoli, hanno immolato la propria vita proclamando il primato di Cristo e annunciando il Vangelo fino alle estreme conseguenze, sia per ricordare il valore supremo della vita che è dono per tutti. Fare memoria dei martiri è acquisire una capacità interiore di interpretare e conoscere la storia.
Amare tanto gli altri da essere disponibili a donare la propria vita.
Non lo scelgono, non sono eroi o super uomini, sono persone innamorate della vita e dell’uomo perché in quell’uomo, in ogni singolo uomo che incontrano, riconoscono il loro fratello.
Lo slogan scelto dalla Fondazione Missio per la 25esima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri è NON ABBIATE PAURA.
“Non abbiate paura” è la frase che ripete Gesù Risorto tutte le volte che si mostra ai suoi discepoli. Un invito che aiuta ad affrontare momenti bui, difficili, di persecuzione, sapendo che il Signore è sempre accanto ad ognuno di noi.
È la stessa frase che dice un padre al proprio figlio che sta imparando a nuotare: “Buttati, non avere paura, ci sono io!” o mentre comincia a pedalare su due ruote.
E dovendo immaginare la vita di un martire nei momenti prima del proprio martirio, ci piace credere che questa frase sia quella che si sentono più spesso dire da Gesù che li accompagna fino all’estremo della loro testimonianza.
Papa Francesco ci rammenta quanto sia fondamentale non lasciarci rubare la speranza e, se non impariamo a sperare, non potremo mai evangelizzare!
Il miracolo di un martire, in fondo, è proprio questo: continuare a pensare e a sperare di avere di fronte amici e fratelli e non potenziali carnefici, anche quando questo poi accade. Il martire sceglie di restare perché crede che quell’assassino è un fratello da amare e al quale far conoscere l’Amore infinito del Padre.