Testo completo della programmazione
Amati, anzi immersi nell’amore: battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito, cioè tuffati nell’oceano senza fondo e senza sponde dell’infinito mistero della vita divina. E’ iniziata così, anche per ciascuno di noi, l’avventura cristiana, con il rito dell’acqua versata sulla testa. Molto più suggestiva la triplice immersione del catecumeno nell’acqua battesimale: una vera full-immersion nella vita stessa del Dio-Trinità.
Se il sacramento è un gesto di Cristo compiuto con le mani della Chiesa, il discendere completamente nella grande vasca del battistero significa e realizza l’immersione nella morte del Signore; e il riemergere dall’acqua esprime ed attua la partecipazione alla vita di lui, risorto da morte. “Nel battesimo con lui siete stati sepolti insieme, in lui siete anche stati insieme risuscitati” (Col 2,12). E’ Cristo che con le mani della Chiesa ci immerge nella sua morte e risurrezione. Si ripete sacramentalmente lo stesso suo passaggio dalla discesa nel sepolcro alla gloria del Padre.
E’ nella Pasqua il principio del battesimo: nel momento in cui il catecumeno viene battezzato, entra in comunione con Cristo, muore e risorge con lui: muore l’uomo vecchio per lasciare il posto all’uomo nuovo. Una testimonianza tra le tantissime? Milano, 24 aprile 387, veglia pasquale: viene battezzato, per le mani di Ambrogio, Aurelio Agostino, sotto gli occhi lucidi della madre Monica. Ad anni di distanza il cuore registra ancora sussulti di commozione, come quella notte: “E fummo battezzati. E si dileguò da noi tutta l’inquietudine della vita passata”.
L’acqua battesimale è “sepolcro e madre”: se in rapporto al Figlio, il battesimo è conformazione a Cristo, per via di incorporazione nella sua Chiesa, in rapporto al Padre il battesimo è rigenerazione. Facendoci fratelli suoi, Cristo ci fa figli del Padre. Questa è l’immensa fortuna che ci è data: non siamo delle povere creature, nude e fragili e per giunta tristi e feroci, ma figli amati: gratuitamente, infinitamente, tenerissimamente. Il nostro essere è un “essere ricevuto”, qualcosa di scelto, benedetto, donato. Sono stato pensato e voluto, e chiamato per nome. Questa è la nostra verità, grande e incredibile: siamo non solo umani, ma divini. Una notizia da capogiro: pulsa in noi la stessa vita di Dio. Al solo pensiero il cuore – liberato dalla paura di dover vivere da creature straniere in un mondo ostile – dovrebbe battere all’impazzata …
Infine – il fine di tutto, non la fine! – il battesimo, che – guai a dimenticarlo! – viene celebrato anche nel nome dello Spirito Santo, è consacrazione per la missione: ecco l’opera della terza Persona divina, la persona-Amore, la persona-Dono. Assimilati da lui a Cristo, i discepoli sono chiamati a vivere di Cristo, come Cristo, in-con-per Cristo. San Paolo usa espressioni insuperabili per esprimere la consacrazione-missione del cristiano: vivere “come vivi, tornati dai morti”; profumare il mondo, diffondendo ovunque “il buon profumo di Cristo”; “lasciarsi guidare dallo Spirito”; “rallegrarsi sempre” e “rendere sempre grazie al Signore”…
“Tutta la nostra vita non era che morte”, canta un antico autore cristiano del II secolo, e sull’architrave del battistero di san Giovanni in Laterano una iscrizione latina recita: “Qui nasce per il cielo un popolo di alto lignaggio / lo Spirito gli dà vita nelle acque feconde. / Peccatore, tu scendi vecchio, e risali con un nuova giovinezza. / Nulla separa più i redenti: essi sono uno…”.
Il battesimo ci fa Chiesa: stirpe eletta, assemblea sacerdotale, nazione regale, comunità santa. Siamo un popolo, non un’accozzaglia di individui sfusi. Siamo il corpo di Cristo, non un agglomerato di sette. Siamo un popolo con un unico Capo, siamo famiglia con un solo Padre, e con una sola condizione: la libertà dei figli di Dio, con una sola legge: l’amore, e con un solo fine: il regno di Dio.
C’è una vita più umana di quella cristiana?
+ Francesco Lambiasi