Confessione un sacramento da rottamare?
Pensieri sparsi e spunti di riflessione
1. Un distributore automatico di indulti e condoni?
La confessione – ma è meglio chiamarla “sacramento del perdono” – non gode oggi di buona salute: è poco praticata e rimane piuttosto incompresa. Le cause di questa disaffezione sono diverse e complesse, ma non è affatto inutile rivisitarle con attenzione perché altrimenti, se sbagliamo la diagnosi, inevitabilmente rischiamo di sbagliare anche la terapia. Se si compie un minimo di anamnesi della situazione del sacramento fino a prima del Concilio, si può documentare come, a partire da una certa stagione della storia della Chiesa, si è rotto l’equilibrio tra i vari elementi che ne compongono la “struttura”. Si è accentuato fino al puntiglio il momento dell’accusa privata dei peccati a spese di tutti gli altri momenti che finiscono per diventare quasi accessori. Si è frainteso il principio che il sacramento opera sempre non per i nostri meriti, ma in virtù della grazia di Cristo, e si è andati “in automatico”… Il sacramento per molti si è ridotto a una sorta di stazione di servizio, al cui centro sarebbe piazzato un distributore automatico per assoluzioni con sconti e abbuoni. Ma così si è andati diritto verso il rigetto del sacramento.
2. Non sarebbe meglio il ricorso allo psicologo?
Una causa concomitante e interagente con questa situazione è la perdita del senso del peccato. Senza timore di esagerare si potrebbe dire che da una situazione in cui tutto veniva ritenuto peccato, siamo passati a un’altra, la nostra, in cui sembra che niente sia più peccato. Le cause sono più d’una. La prima è che ci sentiamo meno facilmente peccatori, perché ci riteniamo meno facilmente liberi. Psicologi, psicanalisti e sociologi parlano spesso dei condizionamenti ambientali e dei complessi psicologici che riducono la responsabilità dei nostri atti, atteggiamenti e scelte di vita. Tutti siamo allora portati a sentirci più vittime che colpevoli: vittime degli altri, della società, di carenze educative, di tare ereditarie, di complessi, tabù e frustrazioni. Il bene morale viene identificato semplicemente con il benessere psicologico, e il sacramento, quando rimane, tende a diventare dialogo amicale, sfogo emotivo, colloquio intimo, per inseguire una forma di liberazione psicologica. Ma allora non sarebbe più efficace una psicoterapia o un training autogeno? Ciò non toglie che infrazioni, abusi e delitti si commettano. Ma non vengono percepiti come peccati; vengono considerati piuttosto come reati. Un reato è la trasgressione di una legge; il peccato è una colpa che infrange l’alleanza con il Dio-Amore. Nel clima relativistico dei nostri giorni ognuno segue la propria spontaneità e il proprio sentimento, ma si riduce a questo quella “cosa” che si chiama coscienza?
3. Tre doni da riscoprire: Parola, Spirito, Chiesa
E’ però da riconoscere che il virus della malattia si porta dentro il suo antidoto. Se il sacramento è andato in crisi per la perdita delle sue componenti essenziali – l’ascolto della parola di Dio, il “ruolo” dello Spirito Santo, il servizio della comunità ecclesiale – allora sarà proprio la riscoperta di queste componenti a determinare una decisa, efficace inversione di rotta.
La parola di Dio è indispensabile per capire il senso del peccato. Ci fa passare da un dio giustiziere al Dio ricco di misericordia. Da un dio giudice al Dio Padre-Abbà. Papa Francesco più volte ha martellato: “Dio non si stanca mai di perdonarci; siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”. Inoltre la Parola di Dio ci fa passare dai peccati al peccato, aiutandoci a risalire dai singoli atti peccaminosi alla causa di essi (lo stato di peccato) e quindi ci consente di mettere la scure alla radice, favorendo una inversione ad U e correggendo l’orientamento fondamentale della nostra vita: la conversione dall’egoismo all’amore. Elencare scrupolosamente tutti i peccati, anche i più minuti, senza aver prima individuato la loro radice (gli atteggiamenti peccaminosi) è come combattere la febbre, senza prima individuare la malattia da cui è provocata. La parola di Dio ci permette di vedere il peccato dal punto di vista più corretto: quello di Dio Padre. Il figlio prodigo della parabola evangelica aveva commesso molti peccati, se – come rinfaccia al padre il fratello maggiore – aveva dissipato i beni paterni con le prostitute; ma, al momento dell’abbraccio con il babbo, quello che più gli brucia dentro è l’avergli un giorno voltato le spalle. Questo è il peccato radicale che gli pesa sul cuore come un macigno. La parola di Dio, consegnataci nella Sacra Scrittura, ci fa inquadrare il sacramento del perdono nel grandangolo della conversione, e ci aiuta a scoprire le malattie dell’anima: l’egoismo, l’orgoglio, l’invidia, la gelosia, la possessività, l’aggressività…
La riscoperta dello Spirito Santo va di pari passo con la riscoperta della Chiesa, intesa non solo come gerarchia e istituzione, ma prima ancora come famiglia e popolo di Dio. Appare così la dimensione comunitaria del peccato: esso è rottura con tutto il Cristo, Capo e corpo, e la confessione è riconciliazione con tutta la Chiesa. Il peccatore, il cristiano malato, fa ammalare e soffrire tutto il corpo, e il peccato di un membro debilita e inquina l’intero organismo ecclesiale. Giustamente la liturgia ci fa usare la formula: “Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere ed omissioni”.
4. Lasciamoci riconciliare con Dio!
Ma infine, perché ci si deve rivolgere a un prete per avere il perdono di Dio? Bisogna ripartire da Gesù, il quale è venuto a dirci e a darci la misericordia del Padre per noi peccatori: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Marco 2,17). Per mezzo di Gesù “abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati” (Colossesi 1,14). Gesù ha affidato questa missione ai suoi apostoli, alla Chiesa: “Ricevete lo Spirito santo: a chi perdonerete i peccati saranno perdonati” (Giovanni 20,22-23). Con questo compito il Cristo risorto ha mandato gli apostoli nel mondo. I vescovi sono i successori degli apostoli e, a loro volta, trasmettono ai presbiteri il dono di perdonare.
Fratelli, Sorelle, in questo tempo di Quaresima, nell’anno del Giubileo straordinario della misericordia, la celebrazione del sacramento della riconciliazione con Dio e con i fratelli sia per noi un evento di liberazione, un’esperienza di misericordia, un momento di comunione e di festa.
Ora datemi la gioia di augurarvi una Quaresima vissuta con un raggio di gioia pasquale!
Rimini, 10 febbraio 2016, Mercoledì delle Ceneri
+ Francesco Lambiasi